Iniziamo a parlare delle feste romane, sia di quelle ancora in vigore che di quelle oramai sparite, magari soppiantate da altri festeggiamenti forse meno popolari ma più redditizi economicamente. Omettiamo di parlare dei mille presepi che, in questo periodo, vengono allestiti nelle chiese romane (il più famoso della tradizione romana era quello di Santa Maria dell'Ara Coeli, mentre ora si possono visitare quelli presso la chiesa di Santa Maria in Via, dietro Via del Corso, e l'esposizione fissa di presepi, provenienti da tutto il mondo, in Piazza del Popolo, presso la Chiesta di Santa Maria del Popolo).
Ovviamente, essendo l’inizio dell’anno, non si può non iniziare che dalla festa della Befana (storpiatura del termine Epifania, derivante dal greco Epì fanèia = manifestazione : Epifania – Pìfania – Beffanìa - Befanìa – Befana). Questa festa, di origine pagana, forse una delle più sentite a Roma, ricordava nel calendario della Chiesa d’Oriente la natività di Cristo e raffigura la “manifestazione” del Verbo che si è incarnato in Gesù. In seguito la data della nascita di Cristo venne stabilita, per editto papale, al 25 dicembre ma, soprattutto a Roma (tradizione oramai persa), ci si continuò a scambiare i doni il giorno della Befana e non la notte di Natale, proprio in ricordo dell'arrivo dei Re Magi.
La storpiatura del termine ha, con il passare degli anni, portato alla personificazione del personaggio della Befana ed il significato stesso della festa cristiana si fonde con elementi folcloristici. L’iconografia del personaggio è ormai ben definita: una vecchina brutta e sciatta, con un gran naso ed un gran mento (a Roma “'a scucchia”) vestita di un gonnellone scuro ed ampio, un grembiule con le tasche, uno scialle, un fazzoletto o un cappellaccio in testa, un paio di ciabatte consunte, il tutto vivacizzato da numerose toppe colorate.
La Befana, una figura a metà tra una strega ed una portatrice di doni, era "invocata" dalle mamme (al pari dell'Uomo Nero, del Gatto Mammone, dell'Orco, e del Lupo cattivo) per tenere quieti i bambini, visto che con il suo aspetto trasandato era proprio spaventevole ma, come si sa, le cose brutte e spaventevoli attirano di più e, proprio per questo, alcuni uomini (i cosiddetti Befanari) davanti le bancarelle con i dolciumi, si mascheravano da Befana e facevano smorfie e versi ai bambini per spaventarli: i bambini però, incuriositi dall'aspetto truce della Befana ed attirati dai dolci, si riavvicinavano dopo pochi istanti al bancone e ricevevano dal Befanaro la calzetta piena di frutta secca, arance, mandarini, mostaccioli e torroni.
Ovviamente, essendo l’inizio dell’anno, non si può non iniziare che dalla festa della Befana (storpiatura del termine Epifania, derivante dal greco Epì fanèia = manifestazione : Epifania – Pìfania – Beffanìa - Befanìa – Befana). Questa festa, di origine pagana, forse una delle più sentite a Roma, ricordava nel calendario della Chiesa d’Oriente la natività di Cristo e raffigura la “manifestazione” del Verbo che si è incarnato in Gesù. In seguito la data della nascita di Cristo venne stabilita, per editto papale, al 25 dicembre ma, soprattutto a Roma (tradizione oramai persa), ci si continuò a scambiare i doni il giorno della Befana e non la notte di Natale, proprio in ricordo dell'arrivo dei Re Magi.
La storpiatura del termine ha, con il passare degli anni, portato alla personificazione del personaggio della Befana ed il significato stesso della festa cristiana si fonde con elementi folcloristici. L’iconografia del personaggio è ormai ben definita: una vecchina brutta e sciatta, con un gran naso ed un gran mento (a Roma “'a scucchia”) vestita di un gonnellone scuro ed ampio, un grembiule con le tasche, uno scialle, un fazzoletto o un cappellaccio in testa, un paio di ciabatte consunte, il tutto vivacizzato da numerose toppe colorate.
La Befana, una figura a metà tra una strega ed una portatrice di doni, era "invocata" dalle mamme (al pari dell'Uomo Nero, del Gatto Mammone, dell'Orco, e del Lupo cattivo) per tenere quieti i bambini, visto che con il suo aspetto trasandato era proprio spaventevole ma, come si sa, le cose brutte e spaventevoli attirano di più e, proprio per questo, alcuni uomini (i cosiddetti Befanari) davanti le bancarelle con i dolciumi, si mascheravano da Befana e facevano smorfie e versi ai bambini per spaventarli: i bambini però, incuriositi dall'aspetto truce della Befana ed attirati dai dolci, si riavvicinavano dopo pochi istanti al bancone e ricevevano dal Befanaro la calzetta piena di frutta secca, arance, mandarini, mostaccioli e torroni.
Una stampa del Pinelli che raffigura la Befana
La tradizione vuole che la Befana (da molti bambini considerata la “moglie” di Babbo Natale - ma una volta considerata dal popolino la personificazione della moglie del vecchio anno, ormai passato, vecchio), nel corso dell’anno fabbrichi giocattoli per i bimbi buoni, mentre a quelli cattivi e disubbidienti spettano cenere e carbone. Nel suo lavoro può essere aiutata dai Befanini ed il loro comune domicilio è “stabilito”, sempre secondo tradizione, in Via della Padella, al numero 2.
Nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, a cavalcioni di una scopa e con un sacco colmo di giocattoli e dolciumi (tra cui il famoso carbone dolce: dei veri e propri tocchi di zucchero nero), passa sopra i tetti e, calandosi dai camini, riempie le calze lasciate appese dai bambini sulla cappa della cucina (che sta proprio ad indicare il focolare, segno di buon auspicio, abbondanza e felicità). I bimbi, da parte loro, dovranno lasciare per la vecchia, un mandarino o un’arancia e un bicchiere di vino (in tempi più moderni ci si può concedere una fetta di panettone o un tocchetto di torrone).
Il mattino successivo, insieme ai regali, i bimbi troveranno le bucce dell’arancia o del mandarino e l’impronta della mano della Befana sulla cenere sparsa nel piatto, segno che la vecchina è veramente passata a lasciare i doni. Chi di noi, da piccolo, non ha tentato di resistere al sonno per cercare di sbirciare dal buco della serratura della porta della cucina, se la Befana sarebbe veramente venuta a portarci doni o carbone? Ovviamente tutto ciò costringeva i nostri genitori ad alzarsi nel pieno della notte per sistemare i dolci nelle calze ed i giochi sulla macchina del gas e sul tavolo.
Fino alla fine dell’800 la festa della Befana si è tenuta in Piazza Sant’Eustachio, per poi passare a Piazza Navona a causa delle migliaia di popolani recantisi, ogni anno di più, alle tradizionali baracche e bancarelle nelle quali, fino ad una trentina d’anni fa, campeggiavano splendidi presepi artigianali, marionette, burattini e dolciumi di ogni tipo.
Ora il tutto è purtroppo, ma inevitabilmente, virato verso il commerciale e vi si trovano oggetti facilmente reperibili anche nei supermercati. Un classico è però la mela stregata: una mela ricoperta di zucchero caramellato rosso fuoco, sul quale migliaia di ragazzini, romani e non, hanno lasciato i loro primi denti da latte.
Qualche anno fa la ricorrenza festiva della Befana venne addirittura abolita ma molte petizioni, di grandi e piccini, effettuate anche attraverso alcuni giornali a tiratura nazionale, costrinsero i governanti a ripristinarla dopo poco tempo.
Qui sotto inserisco la poesia che mio padre (un po’ di orgoglio filiale ogni tanto ci vuole) scrisse al Messaggero, che la pubblicò insieme a molte altre.
La mela stregata
Qualche anno fa la ricorrenza festiva della Befana venne addirittura abolita ma molte petizioni, di grandi e piccini, effettuate anche attraverso alcuni giornali a tiratura nazionale, costrinsero i governanti a ripristinarla dopo poco tempo.
Qui sotto inserisco la poesia che mio padre (un po’ di orgoglio filiale ogni tanto ci vuole) scrisse al Messaggero, che la pubblicò insieme a molte altre.
PRO BEFANA
Proteste tante, forti so' li strilli
Pe’ quello sbajo fatto da li granni
Che, ’ncitrulliti e carichi d’affanni,
Levòrno la Befana da ‘mbecilli.
Ma de botto, così, senz’avvertilli,
A ‘sti pori ragazzi, co’ l’inganni,
J’avrebbero fregato ppe' tant’anni
Er di’ de li balocchi e li gingilli.
Sai che te dico, serio, senza boria:
Nun se ponno tocca le tradizioni
Che der popolo nostro so’ la storia!
Allora su’, famo ‘na cosa strana,
Strillamo: "Forza, nun famo li cojoni!
A ‘sti fiji ridamo la Befana!"
Roma,15 gennaio 1982
Proteste tante, forti so' li strilli
Pe’ quello sbajo fatto da li granni
Che, ’ncitrulliti e carichi d’affanni,
Levòrno la Befana da ‘mbecilli.
Ma de botto, così, senz’avvertilli,
A ‘sti pori ragazzi, co’ l’inganni,
J’avrebbero fregato ppe' tant’anni
Er di’ de li balocchi e li gingilli.
Sai che te dico, serio, senza boria:
Nun se ponno tocca le tradizioni
Che der popolo nostro so’ la storia!
Allora su’, famo ‘na cosa strana,
Strillamo: "Forza, nun famo li cojoni!
A ‘sti fiji ridamo la Befana!"
Roma,15 gennaio 1982
Ed ecco, secondo il Belli, l' "evoluzione" della Pasqua Bbefania... (a Roma molte feste religiose venivano definite "Pasqua").
LA NOTTE DE PASQUA BBEFANIA
Questa poesia è un delicatissimo dialogo tra una madre ed il figlio che non vuole dormire impaziente per l'arrivo della Befana.
Mamma! Mamma - "Dormite" - Io nun ho sonno
"Fate dormì chi ll'ha, ssor demonietto".
Mamma, me vojj'arzà - "Ggiù, stàmo a lletto".
Nun ce posso stà ppiù; cqui mme sprofònno.
"Io nun ve vesto". - E io mò cchiamo nonno. -
"Ma nun è ggiorno" - E cche m'avèvio detto
che cciammancava poco? Ebbè? vv'aspetto? -
"Auffa li meloni e nnu li vònno!"
Mamma, guardat'un po' ssi cce se vede?
"Ma tte dico cch'è nnotte". - Ajo! - "Ch'è stato?"
Oh ddio mio!, m'ha ppijjato un granchio a un piede. -
"Via, statte zitto, mò attizzo er lumino." -
Si, eppoi vedete un po' cche mm'ha pportato
la bbefania a la cappa der cammino.
Inizia il dialogo tra figlio e madre.
Invocazione della madre
"Mi sento sprofondare"
"Io non vi rivesto" - "e io chiamo nonno"
Questa poesia è un delicatissimo dialogo tra una madre ed il figlio che non vuole dormire impaziente per l'arrivo della Befana.
Mamma! Mamma - "Dormite" - Io nun ho sonno
"Fate dormì chi ll'ha, ssor demonietto".
Mamma, me vojj'arzà - "Ggiù, stàmo a lletto".
Nun ce posso stà ppiù; cqui mme sprofònno.
"Io nun ve vesto". - E io mò cchiamo nonno. -
"Ma nun è ggiorno" - E cche m'avèvio detto
che cciammancava poco? Ebbè? vv'aspetto? -
"Auffa li meloni e nnu li vònno!"
Mamma, guardat'un po' ssi cce se vede?
"Ma tte dico cch'è nnotte". - Ajo! - "Ch'è stato?"
Oh ddio mio!, m'ha ppijjato un granchio a un piede. -
"Via, statte zitto, mò attizzo er lumino." -
Si, eppoi vedete un po' cche mm'ha pportato
la bbefania a la cappa der cammino.
Inizia il dialogo tra figlio e madre.
Invocazione della madre
"Mi sento sprofondare"
"Io non vi rivesto" - "e io chiamo nonno"
"E' ancora notte" - "Ma mi avevate detto
che era quasi giorno".
che era quasi giorno".
Era il grido dei venditori nei mercati:
"E' quasi gratis e nessuno vuole comprare"
"Mamma guardate se fuori è ancora notte".
"Si è ancora buio".
"Ahi"
"Cosa è successo"
"Mi è preso un crampo".
"E' quasi gratis e nessuno vuole comprare"
"Mamma guardate se fuori è ancora notte".
"Si è ancora buio".
"Ahi"
"Cosa è successo"
"Mi è preso un crampo".
"Zitto, altrimenti accendo il lume".
"Si, e poi vedi se la befana mi ha lasciato
la calza attaccata alla cappa del camino".
"Si, e poi vedi se la befana mi ha lasciato
la calza attaccata alla cappa del camino".
LA MATINA DE PASQUA BBEFANIA
Ber vede è da per tutto sti fonghetti
sti mammocci, sti furbi sciumachelli,
fra 'na bbattajjeria de ggiucarelli
Arlecchini, trommette, purcinelli,
cavallucci, ssediole, sciufoletti,
carrettini, cuccù, schioppi, coccetti,
sciabbole, bbarrettoni, tammurelli...
Questo porta la cotta e la sottana,
carrettini, cuccù, schioppi, coccetti,
sciabbole, bbarrettoni, tammurelli...
Questo porta la cotta e la sottana,
quello è vvistito in càmiscio e ppianeta,
e cquel'antro è uffizzial de la bbefana.
E intanto, o pprete, o cchirico, o uffizziale,
la robba dorce je tira le deta;
e mmamma strilla che ffinisce male.
e cquel'antro è uffizzial de la bbefana.
E intanto, o pprete, o cchirico, o uffizziale,
la robba dorce je tira le deta;
e mmamma strilla che ffinisce male.
Vezzeggiativi usati per descrivere i bambini
questi marmocchi, questi furbetti,in mezzo a tanti giocattoli
zompettare felici come folletti.
Arlecchini, trombette, pulcinetti
questi marmocchi, questi furbetti,in mezzo a tanti giocattoli
zompettare felici come folletti.
Arlecchini, trombette, pulcinetti
cavallucci, seggioline, ciufoletti (flauti),
cuccù = scatole con dentro pupazzi a molla
spade finte, cappelloni, tamburelli...
cuccù = scatole con dentro pupazzi a molla
spade finte, cappelloni, tamburelli...
Andavano in giro mascherati,
anche come
anche come
fossero piccoli preti
o con dei camicioni
Intanto, qualunque sia il travestimento,
tutti sono attirati dai dolciumi
mentre le mamme cercano di limitarli.
o con dei camicioni
Intanto, qualunque sia il travestimento,
tutti sono attirati dai dolciumi
mentre le mamme cercano di limitarli.
2 commenti:
ciao!
per caso tu sai da cosa deriva la tradizione della mela stregata a piazza navona? sempre che abbia un significato ovvio.. rispondi pure a sary_844@hotmail.com
Ciao Sary, penso che essendo quella di Piazza Navona un'atmosfera "favolosa", nel periodo a cavallo del Capodanno (e non solo, in verità) la mela stregata sia a "ricordo" di quella della favola di Biancaneve: come quella, rossa rossa ed attraente, attrasse Biancaneve questa caramellata attrae irrimediabilmente i bambini (e non solo....: lo ammetto... ogni anno per me è tradizione farmela regalare da Claudia e divorarla golosamente :-D). Che io sappia come dolciume è stato creato da un bar tra Piazza Navona e il Lungotevere di Castel Sant'Angelo negli anni '70, poi "copiato" dalle bancarelle della piazza nel periodo delle feste natalizie.
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