22 novembre 2007

LA CASA DEI GEMELLI

Romolo e Remo in un cesto, abbandonati e lasciati in balia delle acque del fiume, arrivarono in una zona acquitrinosa: la lupa li trovò, li accolse e li portò al sicuro, in una grotta. Alle pendici del Colle Palatino, nei pressi delle mura della Domus Augustea, si trova un’area che mai, fino ad ora, era stata esplorata. Tra la Chiesa di Sant’Anastasia ed il Tempio di Apollo si nascondeva, invece, indisturbato, il luogo del mito primigenio della storia di Roma. La notizia è di un paio di giorni fa: alle pendici del colle Palatino è stata rinvenuta quella che viene indicata come la grotta dove la lupa allattò Romolo e Remo, figli di Rea Silvia e del dio Marte: il cosiddetto "lupercale".



La grotta è stata trovata diversi metri sotto terra, nel corso dei lavori di restauro, finanziati dal Governo italiano con 12 milioni di euro, del palazzo di Augusto. Gli esperti hanno utilizzato prove fotografiche che inducono a pensare che la volta, che al centro mostra un'aquila bianca, sia ben conservata.



Grazie ad una sonda, portata a una profondità di 16 metri, è stato possibile “catturare” le immagini del luogo delle origini di Roma. Dato che il luogo del ritrovamento coincide con la zona delle fondamenta della villa di Augusto, si ritiene che nei pressi di quel luogo, tanto propizio per le sorti della futura città, l'imperatore condottiero abbia voluto fondare il suo palazzo imperiale (e proprio dal febbraio 2008, dopo essere rimasta chiusa per decenni a causa di possibili crolli, sarà possibile visitare l’area restaurata della Domus Augustae). Proprio per questo si ritiene che il luogo ove è stata rinvenuta la grotta fosse un santuario dove si professava il culto legato alla fondazione della città, santuario che Augusto trasformò in uno dei punti centrali della sua casa. In effetti tale culto, legato alla grotta del Lupercale, erano ancora vivo nel V° secolo, quando fu Papa Gelasio I° a proibire ai romani di correre intorno al Palatino frustando le donne per renderle fertili.
La grotta, situata verso il Circo Massimo ed a forma di ninfeo, è alta circa 9 metri e con un diametro di 7,5; ha una volta decorata a cassettoni con motivi geometrici, non figurativi, realizzati a mosaico con tessere di marmo policromo e filari di pietre e conchiglie bianche.





La struttura è costituita da una parte naturale ed una invece opera umana: come detto vi si può ammirare uno splendido (ed in perfette condizioni) mosaico che ne ricopre la volta.

Al centro della volta, l'aquila bianca dell'imperatore Augusto, che volle lasciare un suo segno nel luogo sacro. La grotta risalirebbe a prima della guerra di Troia. Evandro, alleato di Enea, avrebbe istituito qui il culto del Lupercale attorno al 1260 a.c. (quindi ben prima del 21 aprile 753 a.C., presunta data della fondazione di Roma), in onore di Luperco, dio della fertilità.
Le prossime mosse dei restauratori consisteranno nell'aprire un varco per entrare nella grotta, e nell'allestire un cantiere per svuotarla dal terriccio ancora presente in grandi quantità.

P.S.: sinceramente, nel vedere le fotografie delle agenzie di stampa, con tutte le fotocellule e l'illuminazione già ben studiata ed approntata, mi sembra che si sia già un passo avanti nei lavori. Vi terrò aggiornati.....

2 commenti:

Anonimo ha detto...

"Fu quel latte a farci tanto forti" titola Fulvio Stinchelli nel Romanista.
Confesso di essermi emozionato alla notizia, che a mio avviso rappresenta una della più grandi scoperte archeologiche di sempre!
Il luogo delle origini è stato finalmente scoperto, da lì veniamo, e quando tornerà definitivamente alla luce restituirà alla storia quella che è sempre stata da molti considerata una semplice leggenda.
Ciao, Stefano

JAJO ha detto...

Ciao Stefano, ho letto, qualche giorno fa, l'articolo di Stinchelli e mi è piaciuto molto. E si: che sia o no la vera grotta dei "gemellini" Roma ci ha fatto comunque un bel regalo.