14 maggio 2013

ROMA CURIOSA: LE FUNGAIE SOTTERRANEE


Roma nasce come città di pastori ed agricoltori: i suoi fondatori provenivano, infatti, con tutta probabilità, dalle alture dei Colli Albani, dai quali erano scesi a valle per cercare ampi pascoli per le proprie greggi, nuovi campi da arare o sbocchi commerciali, che potevano essere favoriti dalla presenza del Tevere.
Non a caso, fin dai primi anni di vita dell’urbe, si festeggiava il "Settimonzio" (Septimontium): una festa che si celebrava l'11 dicembre (almeno secondo l’attuale calendario), con solenni sacrifici, sulle tre cime del Palatino (Palatium, Germalo e la collina della Velia), sulle tre alture dell'Esquilino (Cispio, Oppio e Fagutal, così chiamato perché ricoperto da alberi di faggio) e sul Celio (chiamato "Querquetulano" perché caratterizzato da un bosco di querce).
In particolare, tale celebrazione rievocava il tempo in cui i popoli provenienti dai villaggi dei Colli Albani, non costituendo ancora una sola città ma formando una “lega sacrale”, analoga ad altre leghe latine, si unirono nel nome di Roma (che appunto, probabilmente, deve il suo nome al termine etrusco “rumon” = fiume). 
Passati oltre 2750 anni da quei giorni, ancora oggi possiamo ammirare, in alcuni parchi romani (Parco degli Acquedotti, Appia Antica, Valle della Caffarella), greggi di pecore brucanti e perfino qualche capretta. 


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Proprio nella Valle della Caffarella, attraversata da uno dei maggiori corsi d'acqua romani, il fiume Almone, e nata sul percorso di una colata lavica risalente a circa 280.000 anni fa, è ancora attivo il “Casale della Vaccareccia”, un casale del XVI secolo appartenente alla famiglia Caffarelli (da cui il parco prende nome, anche se poi passò, tra gli altri, ai Pallavicini, nel 1695, ed ai Torlonia, nel 1816), che in quella zona aveva la propria tenuta agricola, di cui si ha notizia fin dal 1547, che produce giornalmente caciotte primo sale, pecorini ed una splendida ricotta. 


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Non dimentichiamo poi che, durante la Seconda Guerra Mondiale, alcune zone di Roma, ora archeologiche (Fori Imperiali, Colle Oppio, Castel Sant’Angelo) vennero adibite a “orti di guerra” per la “Battaglia del grano”, una campagna lanciata da Mussolini allo scopo di perseguire l'autosufficienza produttiva di frumento dell'Italia. Su internet si possono trovare ancora filmati e fotografie che immortalano greggi pascolanti tra le rovine che ora sono meta di milioni di turisti ogni anno. E parliamo solo di poco più di 50 anni fa!
E fin qui abbiamo accennato alla pastorizia. Ma per quanto riguarda l’agricoltura sono pochissimi a sapere che quella del comune di Roma è stata una delle zone italiane in cui si è avuta la più alta produzione di… funghi! In prevalenza Champignon e Pleurotus.


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Eh si, avete letto bene. Sono in pochissimi a saperlo forse perché questi funghi… non si vedevano. Lo so, sto giocando agli indovinelli, ma vi garantisco che non dico queste cose perché si trattasse di funghi… allucinogeni. Va bene, la smetto subito e vi dico che questi funghi non si vedevano non perché immaginari, ma perché furono coltivati fino al 2010 nel sottosuolo romano. 
In effetti è a conoscenza di tutti il fatto che Roma e Napoli siano le due città italiane che, più di ogni altra, sono attraversate da centinaia di chilometri di gallerie sotterranee. 
Tra cavità naturali ed opere umane quali catacombe, cave, cisterne, cloache ed acquedotti sotterranei (tutti per lo più di epoca imperiale), il sottosuolo di Roma è una vera e propria “città sotto la città”. Soprattutto alcune cavità naturali e le cave di tufo dismesse, sfruttando l’adeguata umidità, che a 10/12 metri di profondità è notevole, vengono tutt'ora utilizzate per la coltivazione dei funghi, anche perché l’ampiezza delle gallerie permette in alcuni casi addirittura l’accesso di un camion per poter caricare la merce comodamente. 


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Per le gallerie non sufficientemente areate naturalmente, esiste all’interno di esse un vero e proprio sistema di climatizzazione costituito da enormi ventilatori, per cui il microclima risulta assolutamente stabile per l’intero anno senza rischio di esposizione a sbalzi termici eccessivi (risulta stabile attorno ai 16° per tutto il corso dell'anno).
Questo perché il sottosuolo romano è principalmente composto da materiali vulcanici quali tufo e pozzolana. Entrambi di origine “piroclastica”, formati cioè dall’accumulo di frammenti di materia vulcanica che le eruzioni, nelle fasi esplosive, strappano dai magmi interni e proiettano sulla superficie intorno alla bocca eruttiva, sono utilizzati da secoli come materiali da costruzione: il tufo per la sua porosità, che favorisce il circolo dell’aria e dell’umidità, e la pozzolana che, triturata finemente ed addizionata a calce, a contatto con l'acqua si comporta come un ottimo “legante idraulico”, con prestazione superiori a quelle della calce stessa. Le zone di maggior produzione di pozzolana, in Italia, sono proprio nel Lazio ed in Campania, nei pressi di Pozzuoli, da dove il materiale prende il nome, zone notoriamente di origine vulcanica. 
Lo sfruttamento delle moltissime grotte e delle cave sorte, a cielo aperto e sotterraneamente, lungo le arterie viarie principali della città, all’esterno dell’anello delle mura Aureliane, continuò per secoli, ed è tutt’ora effettuato. In particolare la zona di maggior presenza di queste grotte e gallerie, in parte naturali in parte dovute all’opera dell’uomo, è quella che si estende nella periferia Est-Sud/Est di Roma, nei territori dei quartieri Casilino, Prenestino e nella zona de La Rustica. Ma altre ve ne sono anche nella fascia a Nord.
Non per niente le fasce cittadine appena citate sono quelle in cui sono la maggior parte delle fonti di acque mineralizzate fredde, il cui sfruttamento commerciale è ben noto in tutt’Italia: Fonte dell’Acqua Santa, Fonte Egeria, Fonte di Santa Maria alle Capannelle, Fonte dell’Acqua Minerale Appia, fino alle fonti Ceciliana, a Palestrina, ed a quella di Colle Cesarano, a Tivoli. 
Personalmente ricordo con piacere l’acqua calda “frizzante” che zampillava dalle docce di un centro sportivo che frequentavo da ragazzo, e che sorge tutt’ora proprio nel territorio tra le sorgenti dell’acqua Egeria, dell’Acqua Santa e dell’Appia. 
Come detto la maggior parte di queste gallerie sono state utilizzate per anni come “fungaia”, ma certo questo non è stato l’unico utilizzo di queste cavità nel corso dei secoli: fin dal II-III secolo d.C., i primi cristiani le utilizzarono, come catacombe (il termine deriva dal latino “Ad catacumbas”, letteralmente “presso le grotte”), luoghi di culto e di sepoltura. A tale scopo vennero utilizzate anche da comunità ebraiche e da altre che veneravano divinità pagane (la più famosa è probabilmente il dio Mitra). 
In tempi più recenti, in particolare durante la Seconda Guerra Mondiale, le cave e le gallerie vennero riutilizzate come rifugio anti bombardamento o per nascondere gli appartenenti o i materiali delle brigate partigiane, che avevano una importante base operativa al Quadraro, sulla via Tuscolana. Successivamente vennero utilizzate come bottega artigiana, magazzino per viveri e materiali o, purtroppo, anche come luogo di vita da parte dei senzatetto. In particolare, le gallerie della Caffarella, del Parco di Torre del Fiscale e del Parco degli Acquedotti, vennero adibite a fungaia o a stalla per il ricovero delle greggi che pascolavano sui prati degli attuali parchi. 
Addirittura, nella zona tra Tor Pignattara e il Mandrione, in via degli Angeli, una fungaia era stata ricavata nella galleria che Mussolini aveva fatto scavare nel tufo (e rinforzata in muratura) negli anni ’30 del ‘900, e  che avrebbe originariamente dovuto ospitare i binari della prima linea metropolitana di Roma. Tale progetto fu, dopo poco, abbandonato, a causa della guerra, e le gallerie scavate nel frattempo, che dovevano condurre verso e dal nuovo quartiere dell’EUR, vennero utilizzate, appunto, come rifugi antiaerei, deposito di materiali vari e, addirittura, per salvare i treni delle ferrovia Roma-Lido di Ostia dai bombardamenti degli alleati
Le gallerie già scavate attorno la stazione Termini servirono poi, oltre che da rifugio antiaereo per la popolazione, come tracciato iniziale della linea B della metropolitana romana.


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E’ cronaca di pochi mesi orsono (estate 2012) che il gestore della suddetta galleria sia stato arrestato poiché, oltre alla coltivazione dei funghi, vi avesse impiantato una vera e propria piantagione di marijuana su di un’area ipogea di addirittura sette ettari. 
Sempre in tempi recenti la Polizia romana ha accertato che in questi ambienti sotterranei avvenivano incontri tra prostitute e clienti, con ambienti addirittura arredati ad alcova, mentre in altri vennero rinvenuti resti di automezzi e di motociclette rubati e qui smontati, di elettrodomestici, dai quali nomadi ricavavano metallo da vendere poi a peso nelle riciclerie, e perfino chilometri di bobine di rame, trafugato dalle linee aeree delle ferrovie cittadine.

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Una ulteriore recente indagine delle forze dell’ordine (sempre ad agosto 2012) ha accertato che, nelle gallerie nei pressi dell’aeroporto di Centocelle, a due passi dal Forte Casilino, era stato allestito un vero e proprio “centro commerciale della malavita”, con depositi sotterranei di refurtiva, relativi centri di smistamento e riciclaggio nonché di stamperie clandestine.

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Ovviamente le cave erano per lo più esterne alla cinta muraria di Roma in quanto quelle esistenti nel centro abitato, ad eccezione di quelle del Celio e del Campidoglio, furono utilizzate come fondamenta per i palazzi che vi sorgono sopra ancora oggi. Con il boom edilizio degli anni ‘60-’70 del secolo scorso, molti accessi a queste gallerie sono stati ostruiti dalla costruzione di edifici e sono oggi isolati e dimenticati, a meno che un evento franoso, dovuto all’erosione del sottosuolo, non ne torni a mostrare l’esistenza. 
Nella zona Ovest-Nord/Ovest di Roma, soprattutto nelle zone della Portuense, di Villa Bonelli e fino all’Aurelio o a via Cipro, molte di queste gallerie sono state invase da acque di scolo naturali ed in esse si sono canalizzati dei veri e propri torrenti che, spesso, purtroppo, con il loro fluire, favoriscono il cedimento di tratti stradali, voragini o, in casi fortunatamente più rari, portando al cedimento strutturale di interi palazzi. 
Se si pensa che lo sviluppo di queste gallerie, impossibile da quantificare con precisione, è stato stimano in decine, se non centinaia, di chilometri, possiamo ben renderci conto del fenomeno. In particolare si dice, anche se non sono state ancora completamente scoperte o esplorate, che le gallerie che si irradiano dal Parco degli Acquedotti, dalla valle della Caffarella e da Tor Fiscale, attraverso un intrico di oltre 30 chilometri, arrivino fino a Porta Maggiore e nei pressi della basilica di San Giovanni in Laterano.
La produzione di funghi, come accennato in apertura, era talmente alta che ne sono state interessate addirittura la grande distribuzione nazionale e l’export.
Una riscoperta delle gallerie delle ex fungaie è favorita dalle tante associazioni culturali romane che, periodicamente, organizzano visite guidate all’interno di esse, sia di giorno che, addirittura, specialmente in estate, di sera. 


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In particolare sono molto interessanti quelle organizzate all’interno della Valle della Caffarella e nel Parco di Tor Fiscale: lo sviluppo sotterraneo delle relative gallerie supera i dieci chilometri e, addirittura, si prevede una musealizzazione delle strutture con un incremento delle visite guidate.


ASSOCIAZIONE ONLUS "LA TORRE DEL FISCALE"
Via dell'Acquedotto Felice, 120
333 - 6891754
328 - 1623639


FONTI (testi e foto):
Siti internet de: 
"La Repubblica", 
"Il Messaggero", 
Comune di Roma 
Associazione Torre del Fiscale
Parco Regionale dell'Appia Antica
Società Speleologica Italiana ("Opera Ipogea": "Gli ipogei minori della Caffarella", di Carla Galeazzi, Sandro Galeazzi, Carlo Germani, Antonio De Paolis). 





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3 commenti:

Feddy ha detto...

Solo una parola: grazie :-)
Anzi, non ce la faccio solo con una parola!
Questo post è fantastico, mi ha fatto scoprire un'altra cosa che non conoscevo della mia amata città! Sapevo di qualche rifugio anti aereo e delle varie catacombe o dei vari acquedotti, ma mai avrei immaginato che ci fossero delle fungaie, che bello :-D

JAJO ha detto...

Eccolaaa :-)
Beh, in effetti ne sono rimaste solo un paio, produttive.
Le altre sono oramai dismesse da un paio d'anni.
A luglio ne vado a visitare una :-)
Ciaooo

Andrea ha detto...

da paura come sempre!! soprattutto per le spassosissime note di cronaca ;)