08 marzo 2008

I MIEI ATTORI ROMANI PREFERITI: ANNA MAGNANI



In occasione del centenario della nascita non posso non ricordare Anna Magnani (Roma, 7 marzo 1908 – Roma, 26 settembre 1973), una delle più grandi attrici della storia del cinema non soltanto italiano.
Figlia di Marina Magnani, una sarta originaria di Fano, e di padre ignoto Anna Maria (questo il suo vero nome o “Nannarella”, il suo nomignolo storico) scoprirà soltanto dopo lunghe ricerche le sue radici paterne calabresi e quello che sarebbe dovuto essere il suo cognome, Del Duce; dirà poi, con la sua consueta ironia, di essersi fermata nelle ricerche perché non voleva passare come "la figlia del Duce". Dopo la nascita di Anna, nella casa di Via Salaria, nei pressi di Piazza Fiume, Marina si trasferisce ad Alessandria d'Egitto dopo aver sposato un uomo austriaco molto facoltoso, costituendo con lui una nuova famiglia. A differenza della madre, che non diede mai ad Anna attenzioni materne, un ruolo fondamentale nella vita della piccola lo ebbe la nonna materna, che di fatto la crebbe in una casa abitata anche dalle cinque zie Dora, Maria, Rina, Olga e Italia e nella quale l'unica presenza maschile fu quella dello zio Romano. Marina torna a Roma alla fine della Prima Guerra Mondiale ed iscrive la figlia in un collegio di suore francesi, dove però la bambina rimane solo pochi mesi. Anna, spinta dall’amore per la musica trasmessole dalla nonna, che la cullava fin da piccola cantandole la canzone “Reginella”, si dedica allo studio del pianoforte e porta avanti gli studi scolastici fino alla seconda liceo. All’età di 15 anni tenta di riallacciare i rapporti con la madre, tornata nel frattempo in Africa, recandosi ad Alessandria ma l'esperienza sarà molto dolorosa in quanto non riesce a farsi amare da Marina, presa dagli affetti della sua nuova famiglia. Anna ne soffrirà molto, tanto da dire: "Ho capito che ero nata attrice. Avevo deciso di diventarlo nella culla, tra una lacrima di troppo e una carezza di meno. Per tutta la vita ho urlato con tutta me stessa per questa lacrima, ho implorato questa carezza. Se oggi dovessi morire, sappiate che ci ho rinunciato. Ma mi ci sono voluti tanti anni, tanti errori". Dopo circa un anno rientra quindi a Roma, cominciando molto presto a cantare nei cabaret e nei night-club romani. Contemporaneamente decide di studiare recitazione, iniziando a frequentare nel gennaio del 1927, con Paolo Stoppa, la scuola di recitazione "Eleonora Duse", diretta da Silvio D'Amico, e trasformatasi nel 1935 in Accademia Nazionale d'Arte Drammatica. Silvio D'Amico dirà di lei: "Ieri è venuta una ragazzina, piccola, mora, con gli occhi espressivi. Non recita, "vive" le parti che le vengono affidate: è già un'attrice, la scuola non può insegnarle molto di più di quel che ha già dentro di se"; quanto si dimostrerà vera questa affermazione negli anni successivi... Tra il 1929 e il 1932 Anna lavora nella compagnia teatrale diretta da Dario Niccodemi, con cui fa la prima esperienza di teatro di prosa, e che la portò in tournee sui palcoscenici di tutta Italia. La nonna stessa l’aveva accompagnata alla stazione e sarà quella l’ultima volta che Anna la vedrà: l'anziana donna muore infatti sei mesi dopo, scatenando in Anna una rabbia che fa venir fuori il suo carattere: aperto, leale, ma estremamente passionale e diretto, che renderà burrascosa ogni sua storia d’amore e di amicizia, per via della sua possessività morbosa. La perdita della nonna, che lei stessa definì “Straordinaria: un angelo, una forza, il fuoco, la dolcezza, il velluto", fu una perdita terribile nonché una delle tante tappe dolenti della vita di Anna. Quando la compagnia Niccodemi si scioglie Anna viene scritturata da Antonio Gandusio e si ritrova a lavorare con Stoppa. Gandusio si innamora di lei e, conscio delle sue qualità, le consiglia di tentare la strada del cinema. Dopo la prima esperienza teatrale approdò al cinema dei così detti "telefoni bianchi", definito in tal modo perchè l'idea del lusso e dello sfarzo era espressa da immancabili telefoni bianchi posti in interni forzatamente lussuosi in cui agivano nobildonne e commendatori galanti: è quello, in fin dei conti, un cinema improbabile dove tutto, dai luoghi alla scenografia, dai personaggi alle storie stesse, risulta inverosimile ed Anna è troppo vera, troppo passionale per poter impersonare le donne di quel mondo surreale: deve quindi accontentarsi delle apparizioni da caratterista. "Stasera c’ho la ruzza" diceva lei, popolana, quando aveva voglia di giocare e di divertirsi. Ma fu nel teatro che poté esprimere al meglio la sua passione, recitando non solo in parti drammatiche ma molto spesso in parti comiche e melodrammatiche. Nel 1934 approda alla rivista con la compagnia d'avanspettacolo dei fratelli De Rege e comincia a girare i suoi primi film, anche se in ruoli ancora molto marginali. Il debutto cinematografico avviene con il dramma strappalacrime "La cieca di Sorrento", di Nunzio Malasomma, nel quale ha il ruolo di una donna perduta ma generosa; ruolo che sarà una costante nella sua carriera artistica, portandolo sugli schermi molte volte. Seguono, sempre in ruoli di secondo piano, la commedia sentimentale "Tempo massimo", di Mauro Mattoli, con Vittorio De Sica e "Quei due", di Gennaro Righelli, con Eduardo e Peppino De Filippo. Il 3 ottobre 1935 sposa il regista Goffredo Alessandrini ma la sua morbosa gelosia, motivata dai frequenti tradimenti e dalla superficialità del carattere di lui, faranno ben presto naufragare il matrimonio. Alessandrini peraltro si dimostra poco propenso a considerare le qualità artistiche di Anna, ritenendo la sua recitazione più adatta per le scene teatrali. Nell'unico film che girerà con lui, "Cavalleria", con Amedeo Nazzari, Alessandrini le farà fare solo una breve apparizione nelle vesti di una cantante, non dedicandole neanche un primo piano. Anna spiegò successivamente così il suo rapporto con Alessandrini e con gli uomini che incontrò nella sua vita: "Il fatto è che le donne come me si attaccano soltanto agli uomini con una personalità superiore alla loro: e io non ho mai trovato un uomo con una personalità capace di minimizzare la mia. Ho trovato sempre uomini, come definirli ..."carucci". Dio...: si piange anche per quelli carucci, intendiamoci, ma sono lacrime di mezza lira. Incredibile a dirsi, il solo uomo per cui non ho pianto lacrime di mezza lira resta mio marito, Goffredo Alessandrini: l'unico, fra quanti ne ho conosciuti, che mi stimi senza riserve e al quale sia affezionata. Certo non furono rose e fiori anche con lui. Lo sposai che ero una ragazzina e finchè fui sua moglie ebbi più corna di un canestro di lumache". Negli anni della seconda guerra mondiale ci fu l'incontro con Totò con il quale fece teatro di Rivista girando per quattro anni nei teatri di tutta Italia. La coppia di attori è forse quella che meglio ha rappresentato, nella storia del teatro italiano, il genere della Rivista.


Nel 1940 incontra un giovane attore di ventitré anni, nove meno di lei, e se ne innamora: lui è Massimo Serato e rappresenterà per Anna una cocente delusione. Anche questa storia d'amore si consumerà in fretta perchè, gelosa com'era, Anna voleva tenerlo legato a sè mentre lui voleva la sua libertà e non accettava legami troppo possessivi. Dalla loro unione nacque, come vedremo, Luca ma, paradossalmente, la nascita del figlio contribuì ad allontanarli. Nel 1941 Vittorio De Sica le da la possibilità di abbozzare il suo primo personaggio di spessore, anche se in un ruolo secondario: quello di Loletta Prima, la canzonettista di una compagnia di avanspettacolo, di cui si innamora il medico dell'orfanotrofio in cui è rinchiusa "Teresa Venerdì’", una trovatella che spasima per lui. Nel 1942 Anna si separa dal marito, in concomitanza con la nascita del figlio Luca avvenuta il 23 ottobre. Allora trentatreenne Anna considera la nascita di suo figlio Luca una benedizione del cielo ed una gioia che allieta la sua vita tutt’altro che felice. Questa nascita, come accennato, si risolve nel pretesto che fa allontanare definitivamente da lei Serato. Durante la gravidanza, Anna perde la grossa occasione di girare 'Ossessione' con Luchino Visconti restando confinata in ruoli da popolana, come quello della fruttivendola di "Campo de' Fiori", dove recita a fianco di Aldo Fabrizi. Dopo pochi mesi, mentre era sul palcoscenico assieme a TOTÒ, viene chiamata urgentemente a casa perchè il piccolo Luca ha la febbre alta. Trasportato all'ospedale la diagnosi per il bambino è terribile: poliomielite. Ancora una volta un tragico destino si accanisce contro la Magnani: la malattia del figlio, che rimarra offeso nella deambulazione a soli tre anni, sarà per lei motivo di grande dolore e preoccupazioni. Ma la sua carriera cinematografica prosegue con alcune commedie “leggere” come il film "L'ultima carrozzella", di Mario Mattoli, ancora accanto ad Aldo Fabrizi, e prosegue con "La vita è bella", di Ludovico Bragaglia, in cui duetta splenditamente con il comico Carlo Campanili. Nel 1945 è ancora sugli schermi con "Abbasso la miseria!", una tipica commedia dolce-amara postbellica sull'arte di arrangiarsi degli italiani; e poi con "Quartetto pazzo", tratto da una commedia teatrale di Ernest Eklund sulle vicende di due sorelle che, nel corso di 24 ore, cercano di dare stabilità ai propri legami sentimentali. Ma la grande occasione cinematografica arriva nel 1945, quando Roberto Rossellini e Sergio Amidei decidono di realizzare un’impresa molto ardua, fare uscire il cinema dagli studi e portarlo in strada, a contatto con la gente, per raccontare dal vero com’è l’Italia di quel periodo. Quello con Rossellini sarà uno dei grandi amori della sua vita, ed ovviamente sarà molto sofferto. L'occasione della vita di Anna si chiama "Roma, città aperta": in maniera esemplare, drammatica e realista il film raccontava l'incubo dell'occupazione Nazista a Roma.



"Roma, città aperta" è anche il film simbolo del Neorealismo italiano, un movimento nato con questa opera di Rossellini e che durò pochi anni ma che condizionò il cinema mondiale. Il Neorealismo portò alla riscoperta dell'Italia come patria, con un ottimistica fiducia postbellica, anche se denunciava le miserie di un paese distrutto dal conflitto mondiale. Fu un cinema che mostrò la verità senza attori celebri, girando tutto in esterno, con opere che erano dei veri e propri documenti, a volte ricchi di poesia. Girato nella Roma appena liberata dagli Alleati, tra tante difficoltà ed in condizioni precarie (uso di pellicola scaduta, set di fortuna), il film racconta l'incubo dell'occupazione nazista nella capitale, e vi si intrecciano le storie della popolana Pina (personaggio ispirato alla figura di Teresa Gullace, che sarà uccisa sotto gli occhi del figlio nel tentativo di raggiungere il camion su cui stava per essere deportato il suo uomo, un tipografo impegnato nella resistenza) con quella dell'ingegnere comunista Manfredi (arrestato in seguito ad una soffiata dell'amante) e con quella del prete del quartiere cha aiuta i partigiani e sarà fucilato davanti ai bambini della parrocchia. Diventata di culto, la scena dell'uccisione di Pina da parte dei nazisti, diede alla Magnani l'occasione di dimostrare tutto il suo valore artistico e le regalò la fama mondiale ed il primo dei cinque Nastri d'argento della sua carriera, mentre il film trionfò al festival di Cannes '46, vincendo la Palma d'oro.


Accanto ad uno straordinario Aldo Fabrizi, la Magnani rappresentò la redenzione di un intero popolo attraverso le sue grandi qualità umane e morali. Affermando: "Io sono un cavallo a cui non bisogna mettere briglie" Anna mette in soggezione registi e produttori. Troppo grande per il cinema provinciale di quegli anni, e diventata il simbolo del neorealismo, per Anna si spalancano le porte del cinema "vero", ed i registi affermati iniziano a contendersela. Sono di questo periodo: "Lo sconosciuto di San Marino", di Michael Waszynski; "Il bandito", di Alberto Lattuada; "Davanti a lui tremava tutta Roma”, di Carmine Gallone, rilettura melodrammatica di fatti antinazisti e della liberazione di ROMA che avvengono parallelamente alle situazioni e ai personaggi della Tosca pucciniana, come a sottolineare che, anche nei momenti storici più bui, i temi melodrammatici possono essere fonte di ispirazione per azioni libertarie ed eroiche.
Il cinema del Neorealismo è quasi obbligato a tratteggiare per lei la figura della popolana sfacciata, volitiva, persino violenta nella difesa dei valori. Altro lavoro del nuovo filone cinematografico è "L'Onorevole Angelina" (1947), di Luigi Zampa, in cui Anna (Coppa Volpi al Festival di Venezia e Nastro d'argento) interpreta la borgatara Romana di Pietralata, moglie di un vicebrigadiere e paladina della povera gente, che si batte contro gli speculatori della borsa nera, ma poi, quando tenta di buttarsi in politica, ingannata e manipolata dai potenti, torna a fare la donna di casa. Nel 1948 gira con Rossellini, ultima volta insieme, "L'amore": due episodi e due diversi tipi d'amore, a detta dello stesso regista per "...rendere omaggio all'arte della Magnani". Il primo, "La voce umana", dall'atto unico di Jean Cocteau, è un lungo ed angoscioso soliloquio al telefono della Magnani che cerca di trattenere a sè l'uomo che sta per lasciarla. Nel secondo, "Il miracolo", in cui recita un giovane Federico Fellini, è un'ingenua pastorella che, incontrato un vagabondo e credutolo San Giuseppe sceso in terra per parlarle, si lascia sedurre da lui. Terminate le riprese del film termina burrascosamente anche la storia con Rossellini, a causa dell'arrivo in Italia di Ingrid Bergman, che diventa la nuova fiamma del regista. Delusa e ròsa dalla gelosia, in polemica risposta al film "Stromboli" che i due stanno girando insieme nell'isola delle Eolie, Anna, nella vicina isola gira "Vulcano", una storia esagitata e folcloristica, in cui ricopre il ruolo di una donna, Maddalena, che, tornata sull'isola, si prodiga affinchè la sorella non faccia il suo stesso errore, togliendola dalle grinfie di un losco palombaro. Alla punizione finale provvederà l'eruzione del vulcano.



Con "Assunta Spina” (1948), di Mario Mattoli, tratto dalla commedia omonima di Salvatore Di Giacomo, Anna torna nei panni della popolana generosa e sanguigna che si accusa dell'omicidio dell'uomo che l'ha ingannata, pur di salvare l'uomo che ama, sospettato del delitto. Anche in "Molti sogni per le strade", di Mario Camerini, interpreta il ruolo della popolana che, prima accusa il marito di non fare abbastanza per guadagnare, poi, dopo averlo pedinato perchè lo sospetta di essere infedele e di avere un appuntamento galante, quando questi ruba un'auto nel garage dove lavora un amico, gli impedisce di rivendere la refurtiva.
L'incontro con Luchino Visconti, con il quale girò nel 1951 "Bellissima", la porterà ad essere una attrice completa. Il ruolo femminile con lei diventa ricco di una umanità e di un realismo senza precedenti e ciò che sino ad allora era stato per la donna una caratteristica negativa diventa con lei un punto di forza. Anna contribuisce a cambiare il modo di fare cinema; la sua spontanea e popolana risata è ancora con noi e l'associamo a quel volto fatto di vita vissuta, di occhiaie, di sofferenza e di gioie di una vita percorsa sino alla fine a viso aperto.



Nel film interpreta il ruolo della donna frustrata che trasmette le sue illusioni ed i suoi sogni infranti nell'impossibile carriera cinematografica della figlia, a costo anche di mettere in crisi il suo stesso matrimonio. Ma l'incontro con un trafficone che, con la scusa di aiutarla, le ruba i risparmi, le fa cambiare idea e comprendere il senso della realtà. Con Goffredo Alessandrini, il suo ex marito, nel 1952 gira il film storico "Camicie rosse - Anita Garibaldi", interpretato con Raf Vallone. Visconti avrebbe dovuto dirigere anche "La carrozza d'oro" ma a sorpresa la direzione venne affidata a Jean Renoir, che ne fece uno dei sui capolavori ed un omaggio all'italianità della commedia dell'arte. Il film è ambientato nel XVIII° secolo alla corte del Perù, dove una compagnia di guitti si esibisce con successo e Camilla, la primadonna, è contesa dal vicerè, da un torero e da un cavaliere. Ma lei sceglie il teatro e restituisce la carrozza d'oro, ricevuta in dono dal sovrano, che servirà al vescovo per visitare gli ammalati. In "Siamo donne", del 1953, un film a episodi, la Magnani interpreta il capitolo diretto da Visconti, dove è una sciantosa che litiga con un tassista che vuole farle pagare un supplemento per il suo cagnolino e va a cantare "Come è bello fa' l'amore quando è sera" in un varietà. Nel 1955 la Magnani è ormai un'attrice celebrata e completa ed è chiamata ad Hollywood, dove l'aspetta un testo scritto appositamente per lei da Tennessee Williams. Nonostante il dolore di dover lasciare a casa il figlio Luca, Anna si lancia con entusiasmo in questa avventura che le darà il modo di farsi conoscere anche oltreoceano. Durante i dieci giorni di traversata in nave lo stesso Williams la aiuta ad imparare in inglese (lei non conosceva quella lingua) la sua parte. Il film è "La rosa tatuata", diretto da Daniel Mann. Anna vi interpreta il ruolo di Serafina, una italoamericana che fa la sarta e vive della memoria del marito defunto. L'ossessività del ricordo rende difficile anche il suo rapporto con la figlia, fino a quando non cede alla corte di uno strano personaggio, interpretato da Burt Lancaster, con una rosa nera tatuata sul petto. L'interpretazione in questo film le vale l'Oscar, prima attrice italiana a conquistare l'ambita statuetta. Per lo stesso ruolo, vince anche un BAFTA quale attrice internazionale dell'anno ed il Golden Globe come migliore attrice in un film drammatico. L'avventura hollywoodiana prosegue con "Selvaggio è il vento", di George Cukor, melodramma che le frutta la seconda candidatura agli Oscar e la vittoria dell'Orso d'argento al Festival di Berlino. Nel film la Magnani deve sposare Anthony Quinn, vedovo della sorella, che in lei cerca solo di perpetuare l'immagine della scomparsa, non accorgendosi che lo tradisce con suo figlio adottivo.
Ritornata in Italia per la grande nostalgia di Roma e per stare accanto al figlio Luca, rifiutò di girare "La ciociara", l'interpretazione della quale fece vincere a Sofia Loren l'Oscar, e girò per la regia di Mario Camerini, "Suor Letizia - Il più grande amore" (quinto Nastro d'argento) nel ruolo di una religiosa che, occupandosi di un bambino abbandonato, sente nascere in sè l'istinto materno, ma si adopera affinchè il piccolo possa ritrovare la sua famiglia. Ancora in Italia interpreta "Nella città l'Inferno", tutto girato all'interno di un carcere femminile dove lei, ospite abituale, avvia sulla cattiva strada una ingenua domestica (Giulietta Masina), finita in prigione perchè accusata ingiustamente di furto. Nel 1959 "Pelle di serpente” conclude la sua premiata esperienza hollywoodiana, seppur breve. Il film, diretto da Sidney Lumet ed interpretato dalla Magnani a fianco ad un giovane Marlon Brando, è tratto, ancora, da un dramma di Tennessee Willams. La Magnani vi interpreta il ruolo di Lady Torrence, la proprietaria di uno store, malmaritata ad un uomo molto più vecchio di lei. In città arriva un fascinoso vagabondo, Lady lo assume nel suo emporio ed intreccia una relazione con lui, benchè gli abbia messo gli occhi addosso anche la vamp locale, mentre il marito di Lady, che ha scoperto il tradimento, medita vendetta sui due amanti. Anche con Brando il rapporto non fu idilliaco, tanto che lui, durante un'intervista, dichiarò: «Farei un altro film con lei solo a condizione di avere in mano un sasso e poterglielo dare in testa ogni tanto». Hollywood le affidò ancora una piccola parte di popolana italiana in un kolossal, "Il mistero di Santa Vittoria", un film all’americana su un immaginario paesino che si coalizza per impedire ai tedeschi occupanti di mettere le mani sul suo prezioso vino. La carriera di Anna ad Hollywood fu breve perchè la registrazione in presa diretta imponeva agli attori movimenti molto rigidi per non allontanarsi dai microfoni piazzati in alto (nel suo primo film Orson Welles inquadrò provocatoriamente i soffitti delle stanze, cosa che non si faceva mai), il che dava alle loro prestazioni, quasi sempre, un carattere freddo, manierato; in Italia invece si doppiava, cosa allora enormemente meno costosa, quindi l’attore era libero di muoversi e anche di improvvisare: la voce veniva aggiunta in un secondo tempo, da lui o se necessario da un altro più bravo di lui. Questo era particolarmente congeniale ad Anna, che passava tutto il tempo aspettando sul set quei 30, 40 secondi in cui era chiamata a dare il massimo, dall'alto della sua impeccabile preparazione tecnica e stilistica.
Perfino Tennessee Williams venerava Anna, e scrisse alcune commedie pensando a lei, senza mai riuscire a convincerla a recitarle dal vivo. Diventare una star del cinema americano avrebbe comportato una disciplina che Anna non si sentiva di affrontare: studiare l’inglese, prendere molti aerei, adeguarsi alle scelte della casa di produzione. Addirittura non andò nemmeno a ritirare l’Oscar (per lei lo ritirò, dalle mani di Jerry Lewis, Marisa Pavan). Per fare simili violenze al suo carattere ci voleva un’ambizione che Anna non possedeva, a differenza di colei che avrebbe raccolto il testimone di ambasciatrice del nostro cinema negli Usa e alla quale proprio lei idealmente lo consegnò: Sophia Loren. Quando Carlo Ponti, che aveva comprato i diritti de "La ciociara" di Moravia, la incalzava perché voleva produrlo per gli americani con lei come la madre e Sophia Loren nella parte della figlia, Anna finalmente gli disse: «Ma perché non fai fare la madre a Sophia, e le prendi una bambina vera?».
Tornata in Italia ritrova Totò, il suo vecchio compagno dei tempi dell'avanspettacolo e, nel loro primo e unico film insieme interpretano nel 1960 "Risate di gioia", di Mario Monicelli, una commedia amarognola piuttosto sottovalutata, tratta da due racconti di Alberto Moravia.



Successivamente ci fu un altro importante incontro professionale, quello con Pier Paolo Pasolini, che la volle ad ogni costo per interpretare, in "Mamma Roma", una prostituta che, per amore del figlio, cerca di redimersi e quando il suo protettore si sposa, lei decide di cambiare vita assieme al figlio. Ma il protettore torna e il figlio, messosi a rubare, finisce in carcere. Il poeta/regista riuscì a valorizzarla ancora più di altri e lei rese questo ruolo memorabile. Entrambi non furono però soddisfatti della collaborazione: l'attrice accusò Pasolini di averla "usata", mentre lui, che temeva un eccessivo condizionamento a causa della forte personalità della Magnani, l'accusò, a sua volta, di aver dato al suo personaggio un tratto piccolo borghese. Pasolini disse che Anna era "...troppo borghese" per rappresentare quella donna appartenente al ceto medio basso del proletariato romano ma definì anche la sua interpretazione con queste parole: "Quasi emblema, ormai, l'urlo della Magnani sotto le ciocche disordinatamente assolute, risuona nelle disperate panoramiche, e nelle occhiaie vive e mute si addensa il senso della tragedia". Polemiche a parte il film è e rimane un capolavoro assoluto del cinema italiano. Tipica opera pasoliniana nel tema e nelle atmosfere è il simbolo della femminilità dolente. In "Made in Italy" di Nanni Loy, un film del 1967 ad episodi, la Magnani interpreta, assieme a Peppino De Filippo ed Alberto Sordi, l'episodio dal titolo "La famiglia".
Gli anni Sessanta non sono per la Magnani, ricchi di soddisfazioni cinematografiche, così torna a fare teatro, interpretando "La lupa" di Giovanni Verga, diretta da Franco Zeffirelli, e poi "Medea" di Jean Anouilh, diretta da Giancarlo Menotti, che la videro trionfare nei più importanti teatri d'Europa. Nel 1970 l'ultima scrittura gliela offre la televisione, verso la quale l'attrice era stata sempre molto diffidente. La RAI programma una serie di telefilm e ne affida la regia ad Alfredo Giannetti. Il primo, prodotto all'interno di una serie intitolata "Storie italiane" è "...Correva l'anno di grazia 1870", ed è ambientato nella Roma papalina, alla vigilia della breccia di Porta Pia, quando un rivoluzionario, impersonato da Marcello Mastroianni, langue in carcere e la sua donna è costretta a barcamenarsi di fronte all'indifferenza popolare. "La sciantosa", fa parte, invece, della serie "Tre donne" e la Magnani vi interpreta il ruolo di un'ex diva di café concerto che vive ormai in oblio e in miseria; quando le arriva l'invito a cantare per le truppe italiane in guerra, il debutto coincide con la notte di Caporetto. Il secondo film della serie è "L'automobile", sempre diretto da Giannetti: l'attrice vi interpreta l'ex prostituta Anna Mastronardi che vuole togliersi lo sfizio di comprare una spider. Prende lezioni di guida da un amico scalcinato, passa fortunosamente l'esame di guida ma ha la cattiva idea di dare un passaggio ad un fusto conosciuto per caso ad Ostia. Il terzo, infine ha per titolo "1933: un incontro". La sua ultima, breve, apparizione sugli schermi è stata nel film "Roma" (1972), di Federico Fellini. In "Roma”, un film che è anche un omaggio alla Città eterna con i suoi luoghi nascosti visti con gli occhi di un provinciale, la Magnani interpreta se stessa in un cameo: alla domanda del regista che la definisce il "...simbolo della città" e le chiede qualcosa sull'Urbe, Anna risponde in Romanesco: "A Federi'... va a dormi' va! Nun me fido! Ciao.... buonanotte!" e scompare entrando nel portone di casa sua in Piazza Santa Maria in Trastevere.
Ai primi di settembre del 1973 viene ricoverata nella clinica romana Mater Dei. La sera del 20 settebre la RAI manda in onda "...Correva l'anno di grazia 1870", l'unico dei quattro film non ancora trasmesso perchè destinato al circuito cinematografico prima di passare in televisione. Anna non riuscirà a vederlo perchè morirà quella sera stessa, a 65 anni, stroncata da un tumore al pancreas, assistita dall'affetto del figlio Luca e dell'amico Roberto Rossellini che rimase al suo capezzale sino alla fine. Le sue spoglie verranno trasportate nel piccolo cimitero di San Felice Circeo (Latina), vicino alla casa sul promontorio del Circeo che lei amava tantissimo. La folla imponente che accorse ai suoi funerali sta a dimostrare che era rimasta amatissima fino alla fine e per renderle omaggio, nel seguire il feretro, il pubblico applaudì.
Donna non BELLISSIMA ma con occhi penetranti ed intensi, il volto incorniciato da ciocche di capelli neri e le occhiaie perennemente peste, Fellini disse di lei: «La sua regalità viene fuori soprattutto quando usa parole da trivio, che le escono di bocca con grazia e lievità impareggiabili, perfettamente fuse al contesto, e necessarie».



Temperamento vulcanico e possessivo, Anna Magnani seppe regalare al cinema e al mondo una galleria di personaggi di donne forti e struggenti, popolane che vivevano la loro vita come lei visse la sua, senza mezze misure, giorno dopo giorno. Quando si accingeva a girare una scena particolarmente "vissuta" diceva: "Vado a ffa' 'a Magnani !"
Il suo ricordo è ancora oggi vivo visto che nel 2002 il Museum of Modern Art di New York le ha reso omaggio dedicandole una retrospettiva con la proiezione dei 14 film più significativi che l'attrice ha interpretato. Prima di lei poche altre dive del cinema hanno ricevuto un tributo così importante dal MoMA. Il cantautore Pino Daniele le ha dedicato recentemente la canzone "Anna verrà".

«T'ho sentita gridare "Francesco" dietro al camion dei tedeschi e non ti ho più dimenticata» scrisse di lei Giuseppe Ungaretti.

Indimenticabile Anna.......

Purtroppo le ultime notizie ci dicono che, a differenza dell'America, dove Anna è ancora amata ed ammirata tanto che, dopo averla consacrata con la "stella" nel marciapiede della Hall of fame del cinema, le è stata dedicata proprio in questi giorni una mostra monografica con la proiezione dei suoi maggiori successi cinematografici, qui da noi, soprattutto nella sua Roma, sono previste ben poche manifestazioni commemorative (a parte l'emissione di un francobollo e di una moneta commemorativa da 5 euro).

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