Fin dai tempi di Orazio, Catullo, Ovidio il popolo romano è stato caratterizzato dall'ironia ma anche dalla capacità di lasciarsi scorrere addosso gli accadimenti della città: il Romano non si stupisce di nulla e, se si esalta per qualche motivo, il giorno dopo è già tutto dimenticato ed è pronto ad "affrontare" un nuovo accadimento. Però l'arguzia, lo scetticismo, ed il cinismo sono insiti nel suo animo e si rinnovano di giorno in giorno. Il Romano è, però, anche un po' codardo: getta il sasso ma nasconde la mano, e se ha da dire qualcosa a qualcuno lo fa per interposta persona o per sotterfugi magari, come nel nostro caso, affiggendo sulle statue, nottetempo, delle prose dissacranti contro il Papa o personaggi vari. Per protestare contro gli abusi, le tasse, le angherie, l'arrivismo di quello che invece doveva essere, nei secoli passati, l'esempio di moralità per antonomasia, cioè il Papa e la sua corte, ricorse appunto alle... statue, attraverso le quali esprimeva, con dissacrante cinismo ed ironia, tutto il suo disappunto. Le "statue parlanti" di Roma, sulle quali, nottetempo, venivano affissi tali scritti, erano (ed alcune lo sono tuttora) Pasquino, Madama Lucrezia, l'Abate Luigi, Marforio, il Facchino di Via Lata ed il Babuino, e sono state soprannominate "Il Congresso degli Arguti".
La più conosciuta e senz'altro quella denominata "Pasquino"
che altro non è se non il tronco malridotto di un gruppo scultoreo probabilmente raffigurante Menelao che trascina il corpo di Patroclo morente (una copia dell'originale bronzeo è anche a Firenze, nella Loggia dei Lanzi) .
La leggenda narra che tale statua sia stata rinvenuta presso Piazza Navona, in quanto in origine ornava lo Stadio di Domiziano, durante i lavori che Sisto IV° fece effettuare per la costruzione del proprio palazzo. Il busto venne sistemato all'angolo con il Palazzo Orsini, in quella che un tempo era Piazza Parione (il nome del rione) e che ora è Piazza Pasquino, nel 1501. Sisto IV°, durante il suo pontificato, dette il via ad un vero e proprio piano regolatore sventrando i precedenti edifici fatiscenti e costruendo palazzi e strade più larghe ed igieniche. Con un editto (che permetteva a tutti coloro che costruivano case nella città di diventarne poi proprietari) incentiva di fatto le costruzioni. Ovviamente di questo editto possono approfittarne soltanto i ricchi: cardinali, banchieri, famiglie nobili (Borgia, Barberini, Carafa, Sforza, Pamphjli ecc.). Per costruire tali palazzi, e risparmiare sui materiali, vengono saccheggiati reperti romani dell'antichità: statue per ornare cortili ed interni oppure lastre e blocchi di marmo per fare calce. Da qui una delle "pasquinate" più famose, che recita: "Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini", ovvero "Quello che non fecero i barbari, fecero i Barberini", che allude appunto alle spoliazioni delle parti bronzee del Pantheon fatte eseguire da Papa Urbano VIII° (Barberini) al Bernini per la realizzazione del famoso baldacchino della Basilica di San Pietro. Il nome "Pasquino" si deve probabilmente al fatto che la statua fu rinvenuta nei pressi della bottega di un barbiere (o calzolaio) di nome Pasquino. Inizialmente l'occasione per le "rimostranze" di Pasquino venne offerta dalla Festa di San Marco (il 25 Aprile) per la quale il busto, che era proprio sul percorso della processione papale, veniva abbigliato come una divinità. Quindi i popolani cominciarono a manifestare il proprio malcontento con le uniche armi a loro disposizione: componimenti satirici ed invettive, contro il Papa ed i potenti, affissi al basamento della statua. Alcuni papi cercarono di far cessare tali manifestazioni di protesta spostando questa ed altre statue (tutte poste in luoghi di grande transito, così che molte persone potessero leggere di prima mattina i componimenti prima che questi venissero tolti dalle guardie papali) oppure facendole piantonare: ovviamente non ottennero alcun risultato... anzi... Il popolo romano era ovviamente per la quasi totalità analfabeta quindi i "vari" Pasquino che nel corso dei secoli si sono succeduti debbono essere stati per forza di cose letterati, studenti e, magari, addirittura appartenenti a famiglie nobili in contrasto con quella del Papa al momento in carica. Nella maggior parte dei casi nei componimenti venivano riportate delle espressioni che si potevano udire nelle strade, nelle osterie, nei mercati.
Alcune "Pasquinate" celebri:
"Ecce qui tollit peccata mundi - Ecco quello che toglie i peccati del mondo", riferita alla morte di Clemente VII°, probabilmente dovuta alla scarsa competenza del suo medico;
"Per chi vuol qualche grazia dal sovrano, aspra e lunga è la via del Vaticano. Ma se è persona accorta corre da Donna Olimpia a mani piene e ciò che vuole ottiene. E' la strada più larga e la più corta", una delle tante satire rivolte contro Olimpia Maidalchini (la Pimpaccia), cognata e consigliera (e forse anche amante) di Papa Innocenzo X°.
Altre tre contro la Pimpaccia: "Olim-pia, nunc impia - un gioco di parole in latino che vuol significare: OLIM = una volta, PIA = religiosa, NUNC = ora, IMPIA = piena di peccati (da qui il soprannome che le venne dato)" e "Fu un maschio vestito da donna per la città di Roma e una donna vestita da maschio per la Chiesa Romana" e, infine, "Fin qui arrivò Fiume", alludendo al fatto che al tempo era usanza indicare le piene del Tevere con una lapide affissa ai muri dei palazzi segnalando il livello raggiunto dalla piena con una mano dall'indice puntato; alla statua di Pasquino venne trovato un giorno affisso un disegno raffigurante una donna nuda (somigliante ovviamente alla Pimpaccia) ed una mano con l'indice puntato sul basso ventre della donna e la scritta in questione, alludendo però al fatto che Donna Olimpia aveva un maestro di camera di nome Fiume.
Anche in tempi recenti Pasquino ha continuato a parlare, per esempio in occasione della visita a Roma di Adolf Hitler, quando vennero installati dei pannelli di cartone per nascondere alla sua vista le miserie della periferia romana: "Povera Roma mia de travertino, t'hanno tutta vestita de cartone, pe' fatte rimira' da 'n'imbianchino" o in occasione della visita di Gorbaciov, per la quale Roma rimase "paralizzata", a causa delle misure di sicurezza, per due giorni: "La Perestroika nun se magna, da du ggiorni ce manna a pedagna (a piedi), sarebbe er caso de smamma' (andarsere) ce cominceno a gira' (ci stiamo stufando)".
Spesso Pasquino "dialogava" con altre statue, in particolare Marforio: tra di loro c'erano dei veri e propri dialoghi, come quello contro Napoleone Bonaparte, accusato di portare in Francia opere trafugate durante le sue campagne belliche: Marforio a Pasquino:"E' vero che i Francesi so' tutti ladri?", risposta di Pasquino: "Tutti no, ma Bonaparte!"
"Marforio" è una statua raffigurante Oceano (ma c'è chi la identifica con la rappresentazione pagana del Tevere) che è ora posta nel cortile dei Musei Capitolini (dal XVI° secolo) mentre prima era posta davanti il Carcere Mamertino, nel Foro Romano, nei pressi della chiesa dei santi Luca e Martina.
La più conosciuta e senz'altro quella denominata "Pasquino"
che altro non è se non il tronco malridotto di un gruppo scultoreo probabilmente raffigurante Menelao che trascina il corpo di Patroclo morente (una copia dell'originale bronzeo è anche a Firenze, nella Loggia dei Lanzi) .
La leggenda narra che tale statua sia stata rinvenuta presso Piazza Navona, in quanto in origine ornava lo Stadio di Domiziano, durante i lavori che Sisto IV° fece effettuare per la costruzione del proprio palazzo. Il busto venne sistemato all'angolo con il Palazzo Orsini, in quella che un tempo era Piazza Parione (il nome del rione) e che ora è Piazza Pasquino, nel 1501. Sisto IV°, durante il suo pontificato, dette il via ad un vero e proprio piano regolatore sventrando i precedenti edifici fatiscenti e costruendo palazzi e strade più larghe ed igieniche. Con un editto (che permetteva a tutti coloro che costruivano case nella città di diventarne poi proprietari) incentiva di fatto le costruzioni. Ovviamente di questo editto possono approfittarne soltanto i ricchi: cardinali, banchieri, famiglie nobili (Borgia, Barberini, Carafa, Sforza, Pamphjli ecc.). Per costruire tali palazzi, e risparmiare sui materiali, vengono saccheggiati reperti romani dell'antichità: statue per ornare cortili ed interni oppure lastre e blocchi di marmo per fare calce. Da qui una delle "pasquinate" più famose, che recita: "Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini", ovvero "Quello che non fecero i barbari, fecero i Barberini", che allude appunto alle spoliazioni delle parti bronzee del Pantheon fatte eseguire da Papa Urbano VIII° (Barberini) al Bernini per la realizzazione del famoso baldacchino della Basilica di San Pietro. Il nome "Pasquino" si deve probabilmente al fatto che la statua fu rinvenuta nei pressi della bottega di un barbiere (o calzolaio) di nome Pasquino. Inizialmente l'occasione per le "rimostranze" di Pasquino venne offerta dalla Festa di San Marco (il 25 Aprile) per la quale il busto, che era proprio sul percorso della processione papale, veniva abbigliato come una divinità. Quindi i popolani cominciarono a manifestare il proprio malcontento con le uniche armi a loro disposizione: componimenti satirici ed invettive, contro il Papa ed i potenti, affissi al basamento della statua. Alcuni papi cercarono di far cessare tali manifestazioni di protesta spostando questa ed altre statue (tutte poste in luoghi di grande transito, così che molte persone potessero leggere di prima mattina i componimenti prima che questi venissero tolti dalle guardie papali) oppure facendole piantonare: ovviamente non ottennero alcun risultato... anzi... Il popolo romano era ovviamente per la quasi totalità analfabeta quindi i "vari" Pasquino che nel corso dei secoli si sono succeduti debbono essere stati per forza di cose letterati, studenti e, magari, addirittura appartenenti a famiglie nobili in contrasto con quella del Papa al momento in carica. Nella maggior parte dei casi nei componimenti venivano riportate delle espressioni che si potevano udire nelle strade, nelle osterie, nei mercati.
Alcune "Pasquinate" celebri:
"Ecce qui tollit peccata mundi - Ecco quello che toglie i peccati del mondo", riferita alla morte di Clemente VII°, probabilmente dovuta alla scarsa competenza del suo medico;
"Per chi vuol qualche grazia dal sovrano, aspra e lunga è la via del Vaticano. Ma se è persona accorta corre da Donna Olimpia a mani piene e ciò che vuole ottiene. E' la strada più larga e la più corta", una delle tante satire rivolte contro Olimpia Maidalchini (la Pimpaccia), cognata e consigliera (e forse anche amante) di Papa Innocenzo X°.
Altre tre contro la Pimpaccia: "Olim-pia, nunc impia - un gioco di parole in latino che vuol significare: OLIM = una volta, PIA = religiosa, NUNC = ora, IMPIA = piena di peccati (da qui il soprannome che le venne dato)" e "Fu un maschio vestito da donna per la città di Roma e una donna vestita da maschio per la Chiesa Romana" e, infine, "Fin qui arrivò Fiume", alludendo al fatto che al tempo era usanza indicare le piene del Tevere con una lapide affissa ai muri dei palazzi segnalando il livello raggiunto dalla piena con una mano dall'indice puntato; alla statua di Pasquino venne trovato un giorno affisso un disegno raffigurante una donna nuda (somigliante ovviamente alla Pimpaccia) ed una mano con l'indice puntato sul basso ventre della donna e la scritta in questione, alludendo però al fatto che Donna Olimpia aveva un maestro di camera di nome Fiume.
Anche in tempi recenti Pasquino ha continuato a parlare, per esempio in occasione della visita a Roma di Adolf Hitler, quando vennero installati dei pannelli di cartone per nascondere alla sua vista le miserie della periferia romana: "Povera Roma mia de travertino, t'hanno tutta vestita de cartone, pe' fatte rimira' da 'n'imbianchino" o in occasione della visita di Gorbaciov, per la quale Roma rimase "paralizzata", a causa delle misure di sicurezza, per due giorni: "La Perestroika nun se magna, da du ggiorni ce manna a pedagna (a piedi), sarebbe er caso de smamma' (andarsere) ce cominceno a gira' (ci stiamo stufando)".
Spesso Pasquino "dialogava" con altre statue, in particolare Marforio: tra di loro c'erano dei veri e propri dialoghi, come quello contro Napoleone Bonaparte, accusato di portare in Francia opere trafugate durante le sue campagne belliche: Marforio a Pasquino:"E' vero che i Francesi so' tutti ladri?", risposta di Pasquino: "Tutti no, ma Bonaparte!"
"Marforio" è una statua raffigurante Oceano (ma c'è chi la identifica con la rappresentazione pagana del Tevere) che è ora posta nel cortile dei Musei Capitolini (dal XVI° secolo) mentre prima era posta davanti il Carcere Mamertino, nel Foro Romano, nei pressi della chiesa dei santi Luca e Martina.
Fu anche utilizzata come decorazione di una fontana del Palazzo dei Conservatori, disegnata da Giacomo della Porta. Per limitare il numero delle satire e degli epigrammi che i romani vi appendevano la notte, fu nominato un suo costode, il nobile Prospero Jacobacci, che venne ricompensato in modo quanto meno curioso: quattrocento libbre di cera bianca, dodici di pepe, una scatola di pignolato, otto libbre di nocchiate (il pignolato e le nocchiate sono dolci di frutta secca), sedici di confetti in quattro scatole dipinte, quattro fiaschi di vino, trenta paia di guanti e un rubbio e quattro scorzi di sale (il rubbio e le scorzo sono antiche unità di peso).
Altre statue "parlanti" di minor importanza sono: il "Facchino", una fontanella raffigurante un "acquarolo" con una botticella tra le mani (gli acquaroli erano quelle persone che, fino ai primi anni del '900, raccoglievano acqua dalle fontane pubbliche e la andavano a rivendere porta a porta). La statua, dal viso oramai quasi del tutto perduto, è stata da alcuni attribuita a Michelangelo, vista la sua pregevole fattura. In origine era murata sulla facciata principale di Palazzo De Carolis, lungo Via del Corso, e nel 1874 è stata spostata in Via Lata, su uno dei lati del palazzo;
"Madama Lucrezia", addossata al muro in un angolo di Palazzetto Venezia, appunto tra Piazza Venezia e Piazza San Marco, proprio di fronte all'Altare della Patria (è un busto marmoreo di 3 metri d'altezza che raffigurava probabilmente una sacerdotessa dedita al culto di Iside o, forse, la dea stessa; il soprannome le deriva da una nobile del XV° secolo innamoratasi del re di Napoli e venuta a Roma per cercare di ottenere dal Papa la concessione del divorzio per il sovrano, il tentativò fallì e, alla morte del re, si ritirò a vivere appunto presso la piazza dove ora sorge la statua);
l'"Abate Luigi", sul muro sinistro della Chiesa di Sant'Andrea della Valle, raffigura un uomo con una toga senatoriale ma il suo nome è probabilmente ispirato al sacrestano della vicina Chiesa del Sudario che, si dice, molto somigliante al manufatto)
e, per finire, il "Babuino", una figura di satiro posta ad ornamento della fontana che sorge davanti la Chiesa di Sant'Attanasio dei Greci, appunto in Via del Babuino. Il nome gli deriva dalla faccia ghignante e oramai corrosa dal tempo che la rendono simile ad una scimmia.
Altre statue "parlanti" di minor importanza sono: il "Facchino", una fontanella raffigurante un "acquarolo" con una botticella tra le mani (gli acquaroli erano quelle persone che, fino ai primi anni del '900, raccoglievano acqua dalle fontane pubbliche e la andavano a rivendere porta a porta). La statua, dal viso oramai quasi del tutto perduto, è stata da alcuni attribuita a Michelangelo, vista la sua pregevole fattura. In origine era murata sulla facciata principale di Palazzo De Carolis, lungo Via del Corso, e nel 1874 è stata spostata in Via Lata, su uno dei lati del palazzo;
"Madama Lucrezia", addossata al muro in un angolo di Palazzetto Venezia, appunto tra Piazza Venezia e Piazza San Marco, proprio di fronte all'Altare della Patria (è un busto marmoreo di 3 metri d'altezza che raffigurava probabilmente una sacerdotessa dedita al culto di Iside o, forse, la dea stessa; il soprannome le deriva da una nobile del XV° secolo innamoratasi del re di Napoli e venuta a Roma per cercare di ottenere dal Papa la concessione del divorzio per il sovrano, il tentativò fallì e, alla morte del re, si ritirò a vivere appunto presso la piazza dove ora sorge la statua);
l'"Abate Luigi", sul muro sinistro della Chiesa di Sant'Andrea della Valle, raffigura un uomo con una toga senatoriale ma il suo nome è probabilmente ispirato al sacrestano della vicina Chiesa del Sudario che, si dice, molto somigliante al manufatto)
e, per finire, il "Babuino", una figura di satiro posta ad ornamento della fontana che sorge davanti la Chiesa di Sant'Attanasio dei Greci, appunto in Via del Babuino. Il nome gli deriva dalla faccia ghignante e oramai corrosa dal tempo che la rendono simile ad una scimmia.
1 commento:
Proprio quello che cercavo per andare a vedere le statue parlanti di Roma, sei mitico, grazie.
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