Una delle "funzioni in divenire" di questo blog è farvi “passeggiare” per i rioni di Roma ma, invece che iniziare dal Rione I - Monti (il più famoso ed esteso), inizio con l'ultimo, quello che oramai è considerato il Rione XXIII° di Roma, perché proprio il 18 Febbraio si sono festeggiati i primi 87 anni di uno dei quartieri più popolari, caratteristici, affascinanti ed architettonicamente (forse al pari del solo Quartiere Coppedè) più importanti di Roma: la Garbatella.
Fondato nel 1920 sui colli che dominano la basilica di San Paolo Fuori le Mura, secondo l’immancabile leggenda romana prenderebbe il nome dall'appellativo dato alla proprietaria di un'osteria o, secondo un'ipotesi più scientifica, dal tipo di coltivazione della vite ("a barbata" o "a garbata", cioè “appoggiando” le viti ad alberi di acero o olmo) in uso su detti colli.
La Garbatella nasce nel 1920 come quartiere popolare destinato ad ospitare gli operai della prevista “zona industriale” dell’Ostiense, ed è caratterizzata da villini e palazzine divisi in lotti e strutturati, almeno nel nucleo storico, in tre piani al massimo, con grande cura per i dettagli e con ampi spazi verdi interni (piazze, cortili e giardini) che dovevano fungere da punto di ritrovo per la popolazione. Le prime costruzioni sono circondate da terreni adibiti ad orto, e vi è anche, da parte dei costruttori e dei progettisti, una particolare cura nello scegliere le piante più pregiate da inserire nei giardini; in seguito questa caratteristica si perderà e si favoriranno costruzioni a carattere condominiale, fino ad arrivare all’estrema espressione dei quattro “Alberghi” di Piazza Michele da Carbonara, di cui parlerò in seguito. Già dal 1870 Roma visse una fase di grande sviluppo edilizio: in particolare si prevedeva di connettere la zona sud della capitale al lido di Ostia tramite un canale navigabile parallelo al Tevere, che non fu però mai scavato, e che avrebbe dovuto fornire Roma di un porto commerciale praticamente nel centro della città, nei pressi dell'odierna zona del Gazometro; nella zona a ridosso del canale avrebbero dovuto sorgere una serie di lotti abitativi destinati ad ospitare i futuri lavoratori portuali. Il re Vittorio Emanuele III° posò la prima pietra a Piazza Benedetto Brin, il 18 febbraio 1920 mentre il promotore dell'opera di edificazione fu l'Ente per lo Sviluppo Marittimo e Industriale.
La posa della prima pietra della Garbatella, in Piazza Benedetto Brin, ad opera del Re Vittorio Emanuele III
Prima dell’inizio dei lavori in Piazza Brin, vaste proprietà della zona erano concentrate nelle mani di poche facoltose famiglie, che occupavano casali e ville. Il territorio era ricoperto da numerosi canneti, orti ed aree tenute a pascolo, affittate a pastori che praticavano la transumanza. Nel 1908 era sorto, su Via delle Sette Chiese, un grosso edificio dove una "Società del cacio e del pecorino" raccoglieva dai pastori il latte, lo lavorava e faceva stagionare le nere forme di pecorino romano. Il territorio era quindi semidisabitato ma si animava quando si svolgevano i pellegrinaggi delle Sette Chiese, una vera e propria processione che aveva nella "chiesoletta", la cappella dedicata ai santi contadini Isidoro e Eurosia, una delle tappe d'obbligo: nel luogo ove sorse la chiesetta, restaurata agli inizi dei 1800 dai Valadier, c'era stato nel 1575 l'incontro tra S. Filippo Neri, ideatore dei pellegrinaggio, e S.Carlo Borromeo.
Nel 1920 all’Ostiense erano state impiantate le officine del gas, i mercati generali, oleifici e, lungo le rive del fiume, mulini e concerie, una grande vetreria, officine meccaniche e molti magazzini. La nuova borgata (che prevedeva 190 alloggi distribuiti in 40 palazzine) nasceva come insediamento operaio a ridosso della zona industriale ma anche come borgo marinaro al servizio di un porto fluviale rimasto però a livello di progetto. Il 18 febbraio di 79 anni fa la nascente borgata non aveva ancora un nome ufficiale: furono proposti i nomi “Concordia”, per richiamare l'auspicio di una pace sociale molto vacillante in quel periodo, o “Remuria”, per via di una leggenda secondo la quale Remo, in opposizione a Romolo, avrebbe voluto costruire proprio qui la sua città (e non sull'Aventino come vuole la tradizione), ma prevalse in via ufficiale, anche se solo alla metà degli anni '30, il nome che si era già popolarmente imposto: Garbatella.
Il nuovo quartiere sorse su di un'area, come detto, allora semidisabitata e coperta da vigne e pascoli, la cui unica costruzione degna di menzione poteva dirsi la Basilica di San Paolo fuori le Mura, una delle basiliche maggiori di Roma, collegata alla Via Appia Antica dalla Via delle Sette Chiese, che partiva proprio da San Paolo Fuori le Mura e della quale si servivano i pellegrini diretti al Santuario del Divino Amore, lungo la Via Ardeatina; proprio su uno sperone roccioso dei Colli di San Paolo (questo il nome originario della zona), sul lato sinistro dell'odierna via Ostiense, probabilmente proprio in Vicolo della Garbatella, sorgeva l'osteria della celebre ostessa, una donna di nome Carlotta (o Maria, secondo recenti studi), talmente benvoluta dai viaggiatori che prendevano alloggio presso la sua locanda, da meritare il nome di Garbata Ostella, definizione contratta poi in “Garbatella”. Le ragioni del nome risalgono alla sua caritatevole attitudine verso i bisognosi, anche se non manca chi ha voluto fare allusioni sui favori che, si ritiene, l’ostessa fosse abituata a concedere ai viaggiatori (forse anche per questo lo stucco sulla facciata di un palazzo di Piazza Geremia Bonomelli la ritrae con un seno scoperto ?).
Nel giardino pubblico che sorge sull’ex vigna Serafini si trova l'ingresso delle catacombe di Commodilla, con una piccola basilica ipogea della fine del IV secolo, un cimitero dipinto con scene bibliche ed effigi di martiri.
Monumenti, artistici ed architettonici. degni di rilievo o cusiosità, alla Garbatella, sono la Fontana di Carlotta con la adiacente scalinata (detta “degli innamorati”),
Un’altra struttura che, per un certo verso, può essere definita un “monumento storico” è l’orologio della torre dell’”Albergo rosso”, che ha per anni segnato le ore 11 e 25: cioè l’ora di inizio del bombardamento che il 7 marzo del ’44 colpì l’intera zona e che rase al suolo gran parte del quartiere, lasciando a terra oltre cinquanta morti. Quelle lancette ferme sulle 11,25 per oltre mezzo secolo sono state forse il miglior monumento di Roma contro la guerra.
Fin dai primi anni ’20 alle case a schiera si preferirono villini unifamiliari o con due o tre appartamenti al massimo, per la necessità di costruire abitazioni nel più breve tempo possibile. Considerando che i terreni della Garbatella erano fuori del Piano Regolatore del 1908, quindi di basso valore commerciale (almeno a quel tempo), si cercò di qualificare il quartiere anche tramite la costruzione di piazze, spazi verdi (comuni o privati), scuole, mercati e chiese. A tal proposito questa era la teoria di Raynold Unwin, l’urbanista inglese cui si ispirarono i progettisti italiani della Garbatella: "Suggerisco che la forma ideale della città alla quale essa dovrebbe tendere, consista in un nucleo centrale, circondato da sobborghi, ognuno dei quali raggruppato intorno ad un centro sussidiario che rappresenti la vita comune suburbana dei distretto; il sobborgo, a sua volta, sarà costituito da gruppi di abitazioni, officine, o altro, con qualche attività cooperativa collegata con gli edifici e i proprietari delle abitazioni o con gli svaghi collettivi negli spazi pubblici, nei campi di gioco e così via. Per potenziare questo sviluppo ideale della città, ogni singolo sobborgo dovrebbe essere fornito, prima di tutto, di un opportuno centro intorno al quale dovrebbero essere situati gli edifici municipali o amministrativi locali, i luoghi di culto e le istituzioni educative, ricreative e sociali. Sarebbe logico raggruppare le industrie e le attrezzature ferroviarie in collegamento con canali e fiumi, ove esistano. Una simile zona industriale dovrebbe essere strettamente collegata, con strade di traffico dirette a comodi mezzi di trasporto, con i diversi quartieri residenziali".
In verità l'intero quartiere, con le fontane, le palazzine, i balconi, i villini, gli stucchi e gli spazi verdi, può essere considerato un grande monumento a cielo aperto, tanto che, da sempre, fa da sfondo a film, fiction e telefilm..: il quartiere, infatti, è sempre stato caro a Nanni Moretti (che vi ambientò alcune scene di “Bianca” ed una parte del primo episodio del film “Caro diario”, precisamente “In vespa”, descrivendo la Garbatella come “il quartiere di Roma che più mi piace”; alla Garbatella sono state recentemente girate le fiction di successo “Caro Maestro” e “I Cesaroni”;
Fondato nel 1920 sui colli che dominano la basilica di San Paolo Fuori le Mura, secondo l’immancabile leggenda romana prenderebbe il nome dall'appellativo dato alla proprietaria di un'osteria o, secondo un'ipotesi più scientifica, dal tipo di coltivazione della vite ("a barbata" o "a garbata", cioè “appoggiando” le viti ad alberi di acero o olmo) in uso su detti colli.
La Garbatella nasce nel 1920 come quartiere popolare destinato ad ospitare gli operai della prevista “zona industriale” dell’Ostiense, ed è caratterizzata da villini e palazzine divisi in lotti e strutturati, almeno nel nucleo storico, in tre piani al massimo, con grande cura per i dettagli e con ampi spazi verdi interni (piazze, cortili e giardini) che dovevano fungere da punto di ritrovo per la popolazione. Le prime costruzioni sono circondate da terreni adibiti ad orto, e vi è anche, da parte dei costruttori e dei progettisti, una particolare cura nello scegliere le piante più pregiate da inserire nei giardini; in seguito questa caratteristica si perderà e si favoriranno costruzioni a carattere condominiale, fino ad arrivare all’estrema espressione dei quattro “Alberghi” di Piazza Michele da Carbonara, di cui parlerò in seguito. Già dal 1870 Roma visse una fase di grande sviluppo edilizio: in particolare si prevedeva di connettere la zona sud della capitale al lido di Ostia tramite un canale navigabile parallelo al Tevere, che non fu però mai scavato, e che avrebbe dovuto fornire Roma di un porto commerciale praticamente nel centro della città, nei pressi dell'odierna zona del Gazometro; nella zona a ridosso del canale avrebbero dovuto sorgere una serie di lotti abitativi destinati ad ospitare i futuri lavoratori portuali. Il re Vittorio Emanuele III° posò la prima pietra a Piazza Benedetto Brin, il 18 febbraio 1920 mentre il promotore dell'opera di edificazione fu l'Ente per lo Sviluppo Marittimo e Industriale.
La posa della prima pietra della Garbatella, in Piazza Benedetto Brin, ad opera del Re Vittorio Emanuele III
Prima dell’inizio dei lavori in Piazza Brin, vaste proprietà della zona erano concentrate nelle mani di poche facoltose famiglie, che occupavano casali e ville. Il territorio era ricoperto da numerosi canneti, orti ed aree tenute a pascolo, affittate a pastori che praticavano la transumanza. Nel 1908 era sorto, su Via delle Sette Chiese, un grosso edificio dove una "Società del cacio e del pecorino" raccoglieva dai pastori il latte, lo lavorava e faceva stagionare le nere forme di pecorino romano. Il territorio era quindi semidisabitato ma si animava quando si svolgevano i pellegrinaggi delle Sette Chiese, una vera e propria processione che aveva nella "chiesoletta", la cappella dedicata ai santi contadini Isidoro e Eurosia, una delle tappe d'obbligo: nel luogo ove sorse la chiesetta, restaurata agli inizi dei 1800 dai Valadier, c'era stato nel 1575 l'incontro tra S. Filippo Neri, ideatore dei pellegrinaggio, e S.Carlo Borromeo.
La "Chiesolella", dedicata ai Santi Isidoro ed Eurosia, lungo Via delle Sette Chiese
Nel 1920 all’Ostiense erano state impiantate le officine del gas, i mercati generali, oleifici e, lungo le rive del fiume, mulini e concerie, una grande vetreria, officine meccaniche e molti magazzini. La nuova borgata (che prevedeva 190 alloggi distribuiti in 40 palazzine) nasceva come insediamento operaio a ridosso della zona industriale ma anche come borgo marinaro al servizio di un porto fluviale rimasto però a livello di progetto. Il 18 febbraio di 79 anni fa la nascente borgata non aveva ancora un nome ufficiale: furono proposti i nomi “Concordia”, per richiamare l'auspicio di una pace sociale molto vacillante in quel periodo, o “Remuria”, per via di una leggenda secondo la quale Remo, in opposizione a Romolo, avrebbe voluto costruire proprio qui la sua città (e non sull'Aventino come vuole la tradizione), ma prevalse in via ufficiale, anche se solo alla metà degli anni '30, il nome che si era già popolarmente imposto: Garbatella.
Il nuovo quartiere sorse su di un'area, come detto, allora semidisabitata e coperta da vigne e pascoli, la cui unica costruzione degna di menzione poteva dirsi la Basilica di San Paolo fuori le Mura, una delle basiliche maggiori di Roma, collegata alla Via Appia Antica dalla Via delle Sette Chiese, che partiva proprio da San Paolo Fuori le Mura e della quale si servivano i pellegrini diretti al Santuario del Divino Amore, lungo la Via Ardeatina; proprio su uno sperone roccioso dei Colli di San Paolo (questo il nome originario della zona), sul lato sinistro dell'odierna via Ostiense, probabilmente proprio in Vicolo della Garbatella, sorgeva l'osteria della celebre ostessa, una donna di nome Carlotta (o Maria, secondo recenti studi), talmente benvoluta dai viaggiatori che prendevano alloggio presso la sua locanda, da meritare il nome di Garbata Ostella, definizione contratta poi in “Garbatella”. Le ragioni del nome risalgono alla sua caritatevole attitudine verso i bisognosi, anche se non manca chi ha voluto fare allusioni sui favori che, si ritiene, l’ostessa fosse abituata a concedere ai viaggiatori (forse anche per questo lo stucco sulla facciata di un palazzo di Piazza Geremia Bonomelli la ritrae con un seno scoperto ?).
Nel giardino pubblico che sorge sull’ex vigna Serafini si trova l'ingresso delle catacombe di Commodilla, con una piccola basilica ipogea della fine del IV secolo, un cimitero dipinto con scene bibliche ed effigi di martiri.
Pitture murali nella Catacomba di Comodilla
Monumenti, artistici ed architettonici. degni di rilievo o cusiosità, alla Garbatella, sono la Fontana di Carlotta con la adiacente scalinata (detta “degli innamorati”),
La Fontanella di Carlotta e la Scala degli Innamorati
il Palladium (che era un tempo il cinema rionale e oggi, dopo essere stato anche discoteca di tendenza, dinamico centro culturale) e, in epoca più recente, proprio ai limiti con l’Ostiense, l’Air Terminal che, in occasione dei Campionati mondiali di calcio del 1990 doveva unire l’aereoporto di Fiumicino alla città (ora il terminal non è più attivo e praticamente abbandonato, anche se nel 2008 dovrebbe aver inizio un’opera di riqualificazione della struttura con la creazione di un teatro e con il trasferimento, in esso, di alcuni uffici comunali). Un’altra struttura che, per un certo verso, può essere definita un “monumento storico” è l’orologio della torre dell’”Albergo rosso”, che ha per anni segnato le ore 11 e 25: cioè l’ora di inizio del bombardamento che il 7 marzo del ’44 colpì l’intera zona e che rase al suolo gran parte del quartiere, lasciando a terra oltre cinquanta morti. Quelle lancette ferme sulle 11,25 per oltre mezzo secolo sono state forse il miglior monumento di Roma contro la guerra.
Fin dai primi anni ’20 alle case a schiera si preferirono villini unifamiliari o con due o tre appartamenti al massimo, per la necessità di costruire abitazioni nel più breve tempo possibile. Considerando che i terreni della Garbatella erano fuori del Piano Regolatore del 1908, quindi di basso valore commerciale (almeno a quel tempo), si cercò di qualificare il quartiere anche tramite la costruzione di piazze, spazi verdi (comuni o privati), scuole, mercati e chiese. A tal proposito questa era la teoria di Raynold Unwin, l’urbanista inglese cui si ispirarono i progettisti italiani della Garbatella: "Suggerisco che la forma ideale della città alla quale essa dovrebbe tendere, consista in un nucleo centrale, circondato da sobborghi, ognuno dei quali raggruppato intorno ad un centro sussidiario che rappresenti la vita comune suburbana dei distretto; il sobborgo, a sua volta, sarà costituito da gruppi di abitazioni, officine, o altro, con qualche attività cooperativa collegata con gli edifici e i proprietari delle abitazioni o con gli svaghi collettivi negli spazi pubblici, nei campi di gioco e così via. Per potenziare questo sviluppo ideale della città, ogni singolo sobborgo dovrebbe essere fornito, prima di tutto, di un opportuno centro intorno al quale dovrebbero essere situati gli edifici municipali o amministrativi locali, i luoghi di culto e le istituzioni educative, ricreative e sociali. Sarebbe logico raggruppare le industrie e le attrezzature ferroviarie in collegamento con canali e fiumi, ove esistano. Una simile zona industriale dovrebbe essere strettamente collegata, con strade di traffico dirette a comodi mezzi di trasporto, con i diversi quartieri residenziali".
In verità l'intero quartiere, con le fontane, le palazzine, i balconi, i villini, gli stucchi e gli spazi verdi, può essere considerato un grande monumento a cielo aperto, tanto che, da sempre, fa da sfondo a film, fiction e telefilm..: il quartiere, infatti, è sempre stato caro a Nanni Moretti (che vi ambientò alcune scene di “Bianca” ed una parte del primo episodio del film “Caro diario”, precisamente “In vespa”, descrivendo la Garbatella come “il quartiere di Roma che più mi piace”; alla Garbatella sono state recentemente girate le fiction di successo “Caro Maestro” e “I Cesaroni”;
lo stesso Pasolini ambientò in questo quartiere molte scene del romanzo “Una vita violenta”, in cui il protagonista uccide in un lotto della Garbatella un suo rivale chiamato "lo Shangaino", poiché proveniente dalla confinante borgata di "Shangai", ora Tor Marancia).
La struttura architettonica ed urbanistica del quartiere fu inizialmente improntata al modello inglese delle “città giardino”, popolate da operai e comprendenti ampi e numerosi spazi verdi coltivabili, tali da fornire ai lavoratori residenti una preziosa, e ulteriore, fonte di sussistenza. Alcuni dei lotti originari vennero demoliti negli ultimi decenni del secolo scorso ma nei lotti più antichi, nei pressi di piazza Benedetto Brin, vero e proprio cuore della Garbatella, si può ancora ben vedere come gli spazi dedicati al verde (giardino o orto che fosse) erano proporzionalmente paragonabili a quelli abitativi; questo, forse, per permettere un più ottimale e rapido ambientamento dei lavoratori agricoli provenienti dall’Agro Pontino e destinati a popolare il nuovo quartiere: un espediente per farli sentire un po’ più “a casa propria” ed evitare lo chock dovuto al trasferimento “in città”.
Lo stile architettonico dei primi lotti fu denominato “Barocchetto” dai suoi creatori Giovannoni e Sabbatini, cui si aggiunsero in seguito Costantini, Piacentini, De Renzi, e Nori; infatti di stile “baroccheggiante” sono i profili sagomati, le figure di animali, fiori e mascheroni riscontrabili nei fregi, sia pure in stucco anziché in marmo come negli edifici gentilizi. L'avvento del Fascismo stravolse però la pianificazione urbanistica del quartiere, in quanto il rapporto "verde/edificato" calò sensibilmente e cominciarono ad essere costruite abitazioni più simili ai moderni condomìni che ai precedenti villini; anche l'idea del porto fluviale venne definitivamente abbandonata. Restò comunque ferma l'intenzione di costruire, oltre agli spazi abitativi privati, spazi pubblici come stenditoi o asili nido. Si cominciarono a costruire palazzi più grandi ed alti per ospitare una sempre crescente popolazione.
La differenza con i palazzetti sorti all’inizio dal 1920 con quelli edificati dal 1923 in poi, si può facilmente riscontrare nei quattro lotti chiamati Alberghi ("Bianco", "Giallo", il "Terzo Albergo" e "Rosso – lotto 42") nei pressi di piazza Eugenio Biffi, notevolmente differenti dal punto di vista strutturale ed estetico. Malgrado questo giro di timone progettuale la Garbatella può comunque essere definito, insieme forse alla zona di Monteverde Vecchio, l’unico quartiere di Roma a misura d’uomo. Proprio da questo quartiere, appunto tra i più popolari (anche se trovare un appartamento qui è oramai un’impresa) iniziò il giro delle visite ufficiali Papa Giovanni Paolo II° all’inizio del suo pontificato, sul finire degli anni ’70.
Gli “Alberghi” appena menzionati sono quattro palazzoni disegnati alla fine degli anni ’20 da Innocenzo Sabbatini ed edificati nella Piazza Michele da Carbonara. Tre di loro, il “bianco” il “giallo” e il “terzo albergo”, s’incastrano con forme ad "Y" mentre il quarto, dipinto di rosso, sembra una bottiglia rovesciata. Quando furono costruiti non mancarono elogi da parte dei giornali del tempo; nel marzo del 1928 il Messaggero recita : “Frutto di sperimentazione progettuale che rimanda a suggestioni futuriste.. questi edifici si notano per una migliore pratica costruttiva ed una perfetta utilizzazione degli spazi..” In realtà erano dei veri e propri dormitori pubblici, con i servizi in comune, destinati a concentrare gli sgomberati, gli espulsi dal centro storico, assieme a sorvegliati di polizia o ex confinati vittime del Tribunale Speciale
La struttura architettonica ed urbanistica del quartiere fu inizialmente improntata al modello inglese delle “città giardino”, popolate da operai e comprendenti ampi e numerosi spazi verdi coltivabili, tali da fornire ai lavoratori residenti una preziosa, e ulteriore, fonte di sussistenza. Alcuni dei lotti originari vennero demoliti negli ultimi decenni del secolo scorso ma nei lotti più antichi, nei pressi di piazza Benedetto Brin, vero e proprio cuore della Garbatella, si può ancora ben vedere come gli spazi dedicati al verde (giardino o orto che fosse) erano proporzionalmente paragonabili a quelli abitativi; questo, forse, per permettere un più ottimale e rapido ambientamento dei lavoratori agricoli provenienti dall’Agro Pontino e destinati a popolare il nuovo quartiere: un espediente per farli sentire un po’ più “a casa propria” ed evitare lo chock dovuto al trasferimento “in città”.
Lo stile architettonico dei primi lotti fu denominato “Barocchetto” dai suoi creatori Giovannoni e Sabbatini, cui si aggiunsero in seguito Costantini, Piacentini, De Renzi, e Nori; infatti di stile “baroccheggiante” sono i profili sagomati, le figure di animali, fiori e mascheroni riscontrabili nei fregi, sia pure in stucco anziché in marmo come negli edifici gentilizi. L'avvento del Fascismo stravolse però la pianificazione urbanistica del quartiere, in quanto il rapporto "verde/edificato" calò sensibilmente e cominciarono ad essere costruite abitazioni più simili ai moderni condomìni che ai precedenti villini; anche l'idea del porto fluviale venne definitivamente abbandonata. Restò comunque ferma l'intenzione di costruire, oltre agli spazi abitativi privati, spazi pubblici come stenditoi o asili nido. Si cominciarono a costruire palazzi più grandi ed alti per ospitare una sempre crescente popolazione.
La differenza con i palazzetti sorti all’inizio dal 1920 con quelli edificati dal 1923 in poi, si può facilmente riscontrare nei quattro lotti chiamati Alberghi ("Bianco", "Giallo", il "Terzo Albergo" e "Rosso – lotto 42") nei pressi di piazza Eugenio Biffi, notevolmente differenti dal punto di vista strutturale ed estetico. Malgrado questo giro di timone progettuale la Garbatella può comunque essere definito, insieme forse alla zona di Monteverde Vecchio, l’unico quartiere di Roma a misura d’uomo. Proprio da questo quartiere, appunto tra i più popolari (anche se trovare un appartamento qui è oramai un’impresa) iniziò il giro delle visite ufficiali Papa Giovanni Paolo II° all’inizio del suo pontificato, sul finire degli anni ’70.
Gli “Alberghi” appena menzionati sono quattro palazzoni disegnati alla fine degli anni ’20 da Innocenzo Sabbatini ed edificati nella Piazza Michele da Carbonara. Tre di loro, il “bianco” il “giallo” e il “terzo albergo”, s’incastrano con forme ad "Y" mentre il quarto, dipinto di rosso, sembra una bottiglia rovesciata. Quando furono costruiti non mancarono elogi da parte dei giornali del tempo; nel marzo del 1928 il Messaggero recita : “Frutto di sperimentazione progettuale che rimanda a suggestioni futuriste.. questi edifici si notano per una migliore pratica costruttiva ed una perfetta utilizzazione degli spazi..” In realtà erano dei veri e propri dormitori pubblici, con i servizi in comune, destinati a concentrare gli sgomberati, gli espulsi dal centro storico, assieme a sorvegliati di polizia o ex confinati vittime del Tribunale Speciale
La piantina delle quattro strutture degli "Alberghi"
Gli Alberghi, intorno ai quali sorsero trattorie e palestre di boxe in abbondanza, non furono mai un posto tranquillo per fascisti e loro simpatizzanti. Proprio da queste zone nei giorni delle bombe e della fame, partivano gli assalti ai treni alla stazione Ostiense (inaugurata il 26/7/1940 e fatta espressamente costruire da Mussolini per accogliere Hitler in visita a Roma) e furono in tanti a prendere le armi rischiando o sacrificando la propria vita. Molti dei loro nomi li ritroviamo oggi nelle targhe delle strade di Roma a loro dedicate quali martiri della Resistenza.
La Garbatella, sul finire degli anni ’20 è un vero e proprio territorio di sperimentazione urbanistica, in cui vengono applicate varie soluzioni: sono infatti presenti sia la "casa rapida", essenziale, che i villini palladiani, le case "minime" e gli alberghi suburbani. Le varie tipologie edili evidenziano il diverso ruolo svolto dai vari interventi. La "prima" Garbatella è legata ad un'idea di città giardino tutta italiana; ogni inquilino ha intorno all'alloggio un pezzo di terreno adibito ad orto e particolare cura è dedicata alla scelta di piante pregiate nell'ornamento dei giardini. Con le realizzazioni successive la” casa rapida” non prevede più lotti frazionati ma spazi e attrezzature collettive. La scelta di edificare "alberghi" suburbani viene adottata in seguito al fallimento della politica della casa rapida. Appena si evidenziò la forte incidenza dei costi di costruzione, la tipologia dei villino si trasformò in palazzina che, a sua volta, fu la soluzione intermedia tra il villino e l'edificio a "blocco”, un edificio architettonicamente elegante e di veloce realizzazione, comprendente in sé un modico numero di appartamenti e rispondente, meglio del villino, alle esigenze economiche e di sviluppo della città.
Nel 1920 le case generalmente sono a due piani, con piccolo spazio verde individuale. Gli alloggi sono costituiti da tre o sei vani e senza bagno. Sono delle residenze molto semplici, costruite con materiali economici, ma che hanno una certa solidità. Il sistema costruttivo adottato è quello usuale all'epoca a Roma, con muratura mista di pietra, tufo, mattoni, pavimenti in piastrelle di cemento e, sui tetti, tegole alla marsigliese o alla romana, scalini e soglie in cemento. Nel 1923 inizia la costruzione delle "case rapide" e nel 1925 sorge, intorno a piazza Masdea e via Magnaghi, il quartiere per gli sfrattati: le case, scarne ed essenziali, sono caratterizzate da ampi spazi comuni e servizi come stenditoi, lavatoi, spazi gioco, giardini. Nel 1926 l'architetto Marconi progetta le case di tipo semieconomico. Questo tipo diedificio, indirizzato ad un ceto sociale diverso da quello dei villini, è composto generalmente da tre fabbricati uniti da arcate di allacciamento e disposti intorno ad un cortile che ancora oggi è caratterizzato da piante e fiori. Queste costruzioni, sono quelle a più alta densità abitativa, dopo gli alberghi: sono alte quattro piani e sono costituite da quattro alloggi per piano. Al piano terra ampie arcate permettono l'accesso al lotto. Tra il 1925 ed il 1927 fu costruito il quartiere per sbaraccati, costituito da oltre 500 alloggi. La novità di questo "quartiere" è costituita dall'esistenza di un progetto generale dei lotti che dà un senso unitario a tutta l'area. Nel 1929-30 si costruiscono edifici intorno alla piazza Bartolomeo Romano, con caratteristiche completamente differenti dalle precedenti: gli edifici hanno volumi notevoli e piante più articolate. Fanno parte di queste costruzioni i Bagni Pubblici ed il Teatro, servizi ormai essenziali per le dimensioni raggiunte dal quartiere. Principale artefice di questi progetti è l'architetto Sabbatini. Il Cinema Teatro Garbatella, oggi Palladium, è un dinamico insieme di elementi strutturali che sostengono le gallerie curvilinee ed elevano la cupola di copertura".
La Garbatella, sul finire degli anni ’20 è un vero e proprio territorio di sperimentazione urbanistica, in cui vengono applicate varie soluzioni: sono infatti presenti sia la "casa rapida", essenziale, che i villini palladiani, le case "minime" e gli alberghi suburbani. Le varie tipologie edili evidenziano il diverso ruolo svolto dai vari interventi. La "prima" Garbatella è legata ad un'idea di città giardino tutta italiana; ogni inquilino ha intorno all'alloggio un pezzo di terreno adibito ad orto e particolare cura è dedicata alla scelta di piante pregiate nell'ornamento dei giardini. Con le realizzazioni successive la” casa rapida” non prevede più lotti frazionati ma spazi e attrezzature collettive. La scelta di edificare "alberghi" suburbani viene adottata in seguito al fallimento della politica della casa rapida. Appena si evidenziò la forte incidenza dei costi di costruzione, la tipologia dei villino si trasformò in palazzina che, a sua volta, fu la soluzione intermedia tra il villino e l'edificio a "blocco”, un edificio architettonicamente elegante e di veloce realizzazione, comprendente in sé un modico numero di appartamenti e rispondente, meglio del villino, alle esigenze economiche e di sviluppo della città.
Nel 1920 le case generalmente sono a due piani, con piccolo spazio verde individuale. Gli alloggi sono costituiti da tre o sei vani e senza bagno. Sono delle residenze molto semplici, costruite con materiali economici, ma che hanno una certa solidità. Il sistema costruttivo adottato è quello usuale all'epoca a Roma, con muratura mista di pietra, tufo, mattoni, pavimenti in piastrelle di cemento e, sui tetti, tegole alla marsigliese o alla romana, scalini e soglie in cemento. Nel 1923 inizia la costruzione delle "case rapide" e nel 1925 sorge, intorno a piazza Masdea e via Magnaghi, il quartiere per gli sfrattati: le case, scarne ed essenziali, sono caratterizzate da ampi spazi comuni e servizi come stenditoi, lavatoi, spazi gioco, giardini. Nel 1926 l'architetto Marconi progetta le case di tipo semieconomico. Questo tipo diedificio, indirizzato ad un ceto sociale diverso da quello dei villini, è composto generalmente da tre fabbricati uniti da arcate di allacciamento e disposti intorno ad un cortile che ancora oggi è caratterizzato da piante e fiori. Queste costruzioni, sono quelle a più alta densità abitativa, dopo gli alberghi: sono alte quattro piani e sono costituite da quattro alloggi per piano. Al piano terra ampie arcate permettono l'accesso al lotto. Tra il 1925 ed il 1927 fu costruito il quartiere per sbaraccati, costituito da oltre 500 alloggi. La novità di questo "quartiere" è costituita dall'esistenza di un progetto generale dei lotti che dà un senso unitario a tutta l'area. Nel 1929-30 si costruiscono edifici intorno alla piazza Bartolomeo Romano, con caratteristiche completamente differenti dalle precedenti: gli edifici hanno volumi notevoli e piante più articolate. Fanno parte di queste costruzioni i Bagni Pubblici ed il Teatro, servizi ormai essenziali per le dimensioni raggiunte dal quartiere. Principale artefice di questi progetti è l'architetto Sabbatini. Il Cinema Teatro Garbatella, oggi Palladium, è un dinamico insieme di elementi strutturali che sostengono le gallerie curvilinee ed elevano la cupola di copertura".
Progettati completamente, come detto, da Innocenzo Sabbatini tra il 1926 ed il 1929, e costruiti intorno a piazza Michele da Carbonara, gli "alberghi" dovevano servire a dare ricovero agli sfollati dei centro storico in seguito alla politica degli sventramenti della zona del Colosseo, del Teatro di Marcello e dell’attuale Via dei Fori Imperiali. Sabbatini fu libero di progettarli a suo piacimento e senza controlli superiori; essi occupano tre lotti triangolari mentre il quarto è concepito a forma di bottiglia per ospitare la sala da pranzo comune. Questi "alberghi", che in buona sostanza non sono altro che dei dormitori pubblici, hanno i servizi sociali ubicati al piano terra: depositi, cucine, refettori, asili per bambini, ambulatori. In particolare nell'Albergo rosso trovano posto la chiesa e le scuole elementari, mentre nell'Albergo bianco è situata la Maternità. Le stanze ai piani superiori possono ospitare o persone singole, divise per sesso, o nuclei familiari. Il "Messaggero" del 29 Marzo 1928 riconosce in questa opera "una migliore pratica costruttiva ed una migliore utilizzazione degli spazi dovuta alla semplice scelta tipologica del corridoio con stanze a destra e sinistra”. Alla popolazione allontanata dalle proprie attività e dalla propria residenza non viene concessa altra alternativa che quella di vivere o in una "casa rapida" o in un dormitorio pubblico. Dopo il 1935 cessa la sperimentazione sull'abitazione popolare. L'intervento definitivo sulla "borgata giardino” avviene con la costruzione della chiesa San Franceso Saverio e la Scuola Cesare Battisti (sfondo di mille film e riprese televisive in tempi recenti). Sono presenti, in questi ultimi due edifici, i caratteri dell'"architettura di Stato", con le aquile littorie intorno alla bella torre traforata della scuola ed il portico, di forte richiamo alla romanità, che fa da ingresso a via Magnaghi.
La Scuola Cesare Battisti con le Aquile Littorie ed il campanile traforato
Nel 1931 la Garbatella venne visitata nientemeno che dal Mahatma Gandhi.
Il 13 dicembre, in visita a Roma, fu suo desiderio visitare il popolo romano nel neonato quartiere.
Certo fa ancora oggi impressione rivedere la fotografia in cui si vede il Mahatma scalzo e coperto dalla sua abituale tunica contornato da ufficiali e funzionari fascisti coperti da pesanti pastrani.
A seguire alcune foto, d'epoca e di oggi, della Garbatella e dei dintorni:
Esterni ed interno del Palladium
Piazza Benedetto Brin
La vicina Via Cristoforo Colombo, che unisce le Terme di Caracalla al mare di Ostia
7 commenti:
Ciao, Jacopo, come stai? Il tuo blog è magnifico, come sempre.
Il prossimo fine settimana vado a Roma per quattro giorni con la mia fidanzata (aloggiaremo vicino a Villa Torlonia) e mi piacerebbe che mi racomendassi qualsiasi ristoranti -buono ed economico, si può essere- vicino al centro di Roma. Grazie tanti.
Un saluto.
Bellissimo post, mi hai aiutata a scoprire il quartiere dove mi sono appena trasferita! Grazie!
Ciao Musa Capricciosa, benvenuta a Roma allora :-D
La Garbatella, a parte i Cesaroni :-), è uno dei quartieri più "umanamente" vivibili di Roma: d'estate poi è un piacere passeggiare per quelle stradine e quei cortili condiminiali per prendere un po' d'arietta o andare a vedere un film nell'arena in piazza :-D
Ed architettonicamente e da scoprire giorno dopo giorno...
Complimenti per i blog ai quali anche tu collabori: ci ho fatto una passeggiatina e mi sembrate proprio in gamba :-D
Jacopo
Mio padre era della Garbatella e quando da bambini andavano alla 'marana' dovevano fare a botte sia all'andata che al ritorno con gli shangaini!
Saluti
Claudio
Segue...
esattamente era di Piazza Sapeto, la piazzetta molto caratteristica che si trova in alto alla scalinata alla cui base è situata Carlotta. In piazzetta ci girarono anche molte scene di un film: non sono sicuro, ma dovrebbe trattarsi de LE RAGAZZE DI PIAZZA DI SPAGNA di Luciano Emmer (1952)...
Claudio
Grazie delle informazioni Claudio. Nel quartiere hanno sempre girato dei film, se ne contano a decine: non mi ricordo il particolare de "Le ragazze di Piazza di Spagna", mi toccherà rivederlo per scoprirlo :-D
roma e tutta bella e sempre da scoprire ma la garbatella e ancora di piu
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