30 maggio 2007

CUCINA ROMANA: I MARITOZZI DI QUARESIMA

A Roma (ma è ancora così in quasi tutte le zone d’Italia, dalla Liguria alla Sicilia), in tempo di Quaresima, si usava mangiare "er maritozzo santo", che il primo venerdì di marzo veniva donato alle fidanzate ed in cui potevano essere celati anellini o piccoli monili “in vista” del matrimonio. Giggi Zanazzo, nella sua opera "USI, COSTUMI E PREGIUDIZI DEL POPOLO DI ROMA" così descrive la "pratica" della donazione del maritozzo:

173. — Li "Maritòzzi"1.
Una mucchia d’anni fa, dda noi, s’accostumava, in tempo de Quaresima, er primo vennardì de marzo, de portà’ a rigalà’ er maritózzo a l’innammorata. ’Sto maritózzo però era trenta o quaranta vorte ppiù ggranne de quelli che sse magneno adésso; e dde sopre era tutto guarnito de zucchero a ricami. In der mezzo, presempio, c’ereno du’ cori intrecciati, o ddu’ mane che sse strignéveno; oppuramente un core trapassato da una frezza, eccetra, eccetra: come quelle che stanno su le lettere che sse scriveno l’innammorati. Drento ar maritòzzo, quarche vvorta, ce se metteveno insinenta un anello, o quarch’antro oggetto d’oro. Tra ll’antre cose che ricordeno ’sto custume, che oramai nun s’aùsa ppiù dda gnisun innammorato, ciavemo diversi ritornelli:
Uno, presempio, dice:

«Oggi ch’è ’r primo Vennardì dde Marzo2,
Se va a Ssan Pietro a ppija er maritòzzo;
Ché ccé lo pagherà ’r nostro regazzo».

E dde ’sti maritòzzi:
«Er primo è ppe’ li presciolósi;
Er sicónno pe’ li spósi;
Er terzo pe’ l’innamorati;
Er quarto pe’ li disperati».

«Stà zzitto, côre:
Stà zzitto; che tte vojo arigalàne
Na ciamméllétta e un maritòzzo a ccôre».

E infatti certi maritòzzi ereno fatti a fforma d’un côre.

1 Maritozzi: pani di forma romboidale, composti di farina, olio, zucchero e talvolta canditure o anaci o uve passe. Di questi si fa a Roma gran consumo in quaresima, nel qual tempo di digiuno si veggono pei caffè mangiarne giorno e sera coloro che in pari ore nulla avrebbero mangiato in tutto il resto dell’anno. Belli.
2 Infatti tutti i venerdì di marzo si andava a San Pietro a udire la predica, a far l’amore e a mangiar maritozzi.

I maritozzi, il cui curioso nome si ritiene sia un affettuoso screditante del termine "marito", erano all’epoca delle vere e proprie “pagnotte” dolci guarnite di uva passa, pinoli e frutta candita (ingredienti tipici, come vedremo in post successivi, della cucina ebraico-romanesca); quelli prodotti oggi da laboratori dolciari e pasticcerie sono molto più piccoli e più simili, come grandezza, ad un cornetto o ad una brioche, e sono quasi sempre spaccati a metà e riempiti con panna montata. La tradizione dei maritozzi risale al Medio Evo, ed erano appunto uno dei pochi alimenti permessi durante il periodo di digiuno quaresimale, durante il quale era escluso anche nei dolci l’uso di grassi e derivati animali (burro, latte, uova. Curioso è il fatto che gli stessi ecclesiasti abbiano sempre furbamente fatto di tutto per "bypassare" queste "direttive": ad esempio per anni si discusse se il cacao, importato dopo la scoperta dell'America, fosse da considerarsi un cibo "di grasso" o "di magro", quindi consentito o meno in periodo Quaresimale; la questione fu risolta nel corso del '600 dal cardinale Francesco Maria Brancaccio che, con un saggio di addirittura una settantina di pagine, dopo "studi meticolosi et approfonditi" stabilì per certo che il cioccolato fosse alimento di magro, non essendo di origine animale, e come tale permesso in periodo di Quaresima). Durante l’anno venivano preparati in forma di vera e propria pagnotta e guarniti in superficie soltanto da grani o “spennellate” di zucchero mentre nella versione quaresimale il maritozzo diventava più piccolo, e l’impasto si arricchiva di canditi, pinoli e uvetta.
Immancabile a Roma, a chiusura di una serata con gli amici e prima di andare a nanna, la visita "ar maritozzaro".

Ed ecco la Ricetta dei veri maritozzi romaneschi:
200 gr di farina,
50 gr di burro,
1 uovo,
20 gr di lievito di birra,
3 cucchiai di zucchero,
100 gr di uvetta lavata, ammollata e asciugata
1 cucchiaio di pinoli,
1 cucchiaio di buccia di arancia candita a pezzetti
Sale

Con la farina e il lievito di birra si prepara la pasta, aggiungendo l'uovo e il burro (non permessi in Quaresima). Si lavora energicamente e, dopo aver unito due cucchiai di zucchero, si mette a lievitare in luogo tiepido (va benissimo dentro il forno). Quando la pasta avrà raddoppiato il volume, incorporare l'uvetta, i pinoli ed i dadini di buccia d'arancia. Si dispone sulla piastra del forno poco unta (o su una teglia di silicone) la pasta, divisa in 10-12 pezzi ovoidali.

Qui in versione tradizionale, senza pinoli, uvetta e canditi.

Si lascia lievitare ancora un paio d'ore sulla placca in un luogo tiepido, quindi si inforna a più di 250 gradi per 6-7 minuti. Si tolgono dal forno quando sono morbidi ed appena dorati (attenzione a toglierli prima che si formi la crosta) e si spennellano, ancora caldi, con un cucchiaio di zucchero sciolto in pochissima acqua (in Sicilia si una la gomma arabica e granella di pistacchi), quindi si rimettono nel forno, caldo ma spento, per far indurire la glassa di zucchero.
Una volta freddi si possono anche spaccare per il lato lungo (soprattutto nella versione senza pinoli, canditi ed uvetta) e riempire di panna montata.



5 commenti:

La collina dei mici ha detto...

Ho provato a farli proprio ieri e sono venuti buonissimi !! Io li ho fatti nella versione senza uvetta, pinoli e canditi, ma ho aggiunto un pò di aroma all'arancia e poi li ho ho guarniti come facevano quando era piccola in una pastticcieria vicino casa mia, ossia tagliati a metà, bagnati un pò con l'alchermes e guarniti con la panna: una vera delizia !! E stamattina a colazione prima di andare a lavorare me ne sono gustato uno !!
Grazie mille, ciao civis picena :-)
P.S. A me piace molto la cucina, ho visto che hai una pagina apposita, ci posso inserire qualche mia ricetta per tutti gli amanti della cucina ? Come devo fare ? Ciao Ciao

JAJO ha detto...

Ciao "Micia" :-D
Purtroppo è un blog "chiuso" e si possono inserire soltanto commenti. Ho visto che avete aperto un blog anche voi, anche se per ora senza post: perchè non iniziate voi a postare delle ricette, magari tipiche marchigiane? I miei nonni erano di Matelica e Pescara del Tronto e mi piacerebbe scoprire qualcosa sulle mie origini marchigiane...
Ciaooo

La collina dei mici ha detto...

Ok, grazie...purtroppo abbiamo sempre poco tempo per lavorare al nostro blog, ma prima o poi cominceremo a "riempirlo"...quando ce la faccio a metterci qualche ricetta, ti avverto, ciaooooo
civis picena ;-)

JAJO ha detto...

Dai che sono curioso di rivedere delle preparazioni gastronomiche marchigiane... dieci minuti si possono trovare :-D
Jacopo

Marina Riccitelli ha detto...

LI ADORO!!!!!!!!!!!!!!!!!!